I lettori più attenti tra di voi avranno forse notato l'ammirazione che il sottoscritto nutre nei confronti di
Tim Yatras e del suo progetto
Germ.
"Wish" e
"Grief", i primi due album del Nostro, sono due piccoli gioielli che sintetizzano, in maniera sopraffina, una indovinata unione di post black metal ed elettronica spaziale per un risultato che, da qualunque parte lo si guardi, resta spettacolare.
Ora, nel 2016,
Germ torna sul mercato discografico e lo fa per la
Prophecy Records, etichetta che, indipendentemente dal genere proposto, non sbaglia mai un colpo... potete dunque immaginare quale fosse, almeno per me, l'hype che circondava il nuovo
"Escape".
Ma.
Ma, nonostante tutto quello che ho premesso finora, il nuovo album mi ha spiazzato.
E lo ha fatto in maniera perentoria.
Tim ha abbandonato, praticamente del tutto, la vena sperimentale che aveva caratterizzato le uscite precedenti e si è "limitato" ad offrirci un album di puro post black metal (dai toni depressive), o di shoegaze black metal se preferite, sulla scia di band come
Austere o
Woods of Desolation, per citare due progetti di cui ha fatto parte il buon Yatras, o Alcest degli esordi, per fare un nome che conoscono più o meno a tutte le latitudini.
Tutto qui direte voi?
L'ho pensato anche io, lo ammetto.
Poi, in chiusura dell'album l'artista australiano piazza un brano di soli due minuti come
"Through the Mist, Pt. 2" (solo nella deluxe edition del CD però...) e l'antica magia torna a fare capolino grazie alla ritrovata commistione di tradizione e sperimentazione.
Non solo, premo di nuovo il tasto play, riascolto le atmosfere spaziali di un brano come
"Under Crimson Skies", e tutto mi sembra più chiaro.
"Escape" svela la sua vera natura: tristezza, poesia e rabbia.
Le melodie, semplicissime, diventano avvolgenti ed implacabili nella loro foga, lo scream altissimo di
Yatras ti entra nel cuore così come la sua voce pulita, le chitarre lacerano l'anima e le partiture elettroniche, seppure nascoste, emergono inesorabili nella loro vastità emozionale.
Il black metal, certamente non quello "classico" sebbene a tratti furioso, diventa assoluto protagonista di un album che fa della emozione (come detto poco fa), e della disperazione, struggente come il cadere della pioggia
("V" strumentale da brividi), il suo spirito guida.
Germ, questa volta, ha dunque scelto un sentiero sicuro e poco "rischioso", ma la classe con la quale lo ha percorso rimane merce rara e rende
"Escape" un nuovo gioiello.
Un gioiello meno imprevedibile rispetto al passato, ma, non per questo, meno prezioso o meno emozionante.