Crescita ed evoluzione. Questo è ciò che ho percepito all’ascolto dell’ultimo lavoro dei
Greenleaf, band che seguo fin dalla sua origine come spin-off dei Dozer. Se all’inizio si trattava di una classica formazione scandi-stoner, oggi si è trasformata in una brillante realtà dell’heavy rock moderno ed equilibrato.
Ritmiche pulsanti, cambi di ritmo ed atmosfera, parti vocali intrise di iperborea malinconia, songwriting maturo, più di un passo avanti in ogni direzione.
I brani sono tutti rilevanti, segnalo in particolare l’aggressività stringente di
”Howl”, “
Carry out the ribbons” e “
You’re gonna be my ruin”, ma in particolare le venature epico-melodiche in “
A million fireflies” e nelle scintillanti “
Tyrants tongue” e “
Pilgrims”, a mio avviso i momenti più emozionanti dell’album.
Rimangono intatte le fondamenta stoner, ma intrecciate con una sensibilità post-rock ombrosa e seducente, grazie all’impostazione vocale morbida ed avvolgente di Arvid Jonsson.
Bel disco, consigliato a tutti i rockers, candidato alla mia playlist di fine anno.
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