Pochi album mi hanno colpito tanto al primo ascolto. Molti quelli ritenuti piacevoli fin da subito. Rarissimi invece quelli che mantengono nel tempo la stessa impressione travolgente e da pelle d’oca. Ecco, questo lavoro dei
Lords Of Black avvera uno di questi rari istanti.
Questo gruppo ispanico infatti ritorna con un secondo lavoro che stravolge chi, come il sottoscritto, è ancora convinto che il tempo passato è tale, e nulla di ciò che è stato può essere riproposto come nuovo senza perdere inevitabilmente la sfida della comparazione e del ricordo.
Invece, fin dalle prime note della musica dell’intro ci si rende conto di essere di fronte ad una vera e propria ispirazione. In particolare sentendo la voce, non penso di esagerare, facilmente si può parlare di reincarnazione di Dio nel lead-vocalist, per non parlare dei riff potenti, ritmati e pieni che appoggiano perfettamente le linee vocali, vero lavoro magistrale che avvolge l’intero disco.
Si parte con “
Maerciless” che potrebbe ricorda vagamente i SX, ma la voce prestante e le chitarre danno una scarica colossale che stacca completamente con qualunque banale richiamo power. Della stessa matrice è la seguente “
Only On Life Away”, fine e potente al contempo, per non parlare di “
Everything You’re Not” centrata sulla melodia e sui testi con un crescendo all'inizio che fa letteralmente vivere un’esperienza trascendentale.
Con “
New World’s Comin’” si ritorna ad una maggiore semplicità e forma melodica che viene confermata da “
Cry No More”. Da segnalare l’armonica artificiale nel riff che abbellisce ulteriormente uno dei pezzi migliori di tutto l’album.
L’apice però arriva con “
Tears I Will Be”. Semplicemente strutturata ma intensa, molto equilibrata in termine di ritmo e, nonostante le diverse influenze, amalgamata benissimo con un assolo di chitarra misurato ma che contiene l’irripetibilità che sfugge ai più.
Unico momento di leggero rallentamento arriva con Insane, ma successivamente si attiva una crescendo fatto da pezzi molto diretti che vedono il lavoro di chitarra emergere come punta di attacco e fondamento della struttura. Così sono “
Live by the Lie” e “
Die by the Truth” che, nonostante possa considerarsi una semi-filler, aumenta il ritmo. La progressione non si ferma e con “
Ghost of You” il gruppo tenta ancora, riuscendoci nuovamente, a stupire inserendo in blocco elementi epici, maestosi e gloriosi. Nove minuti di pura musica e voce che si rincorrono e si uniscono in sequenze di note che sembra letteralmente danzare fra di loro.
Ma non finisce qui. Con “
The Art of Illusions Part III - The Wasteland” ci si ritrova ad ascoltare un’eccezionale se non fantastica cavalcata che prende l’ascoltatore e lo porta con se in un viaggio bellissimo, intrigante e coinvolgente. Ritmo serrato, con stacchi sincopati e sottofondo minimale ma che riesce a completare lo spazio ed il margine in cui muoversi, estendendo quasi fisicamente la portate del genere musicale, andando oltre i confini che questo stile sembrerebbe avere, senza mai perderne l’essenza.
Il finale poi sembra quasi uno sfumato con una “
Shadows of War” che semplicemente chiude il cerchio. Il bis alla fine dei concerti che tutti richiedono. Ma non contenti, questi cugini peninsulari, ci regalano pure una chicca con la cover di “
Inuendo”, risultando essere una delle migliori mai fatte.
Per quanto si possa pensare che lo stile è una semplice riproposta del passato, abbellita semplicemente da una produzione egregia e da un’esecuzione perfetta dei musicisti, non si può ridurre solamente a ciò uno sforzo musicale confezionato per stupire e per far balzare i cuori con un’emozione che sempre più raramente si riesce a sentire.
A cura di Pasinato Giovanni