Partirò per questa recensione dal sunto di ciò che hanno detto
Andrea Ferro e
Cristina Scabbia durante la conferenza stampa alla quale ho avuto il piacere di partecipare:
“Il sound sará piú pesante, un po’ piú tecnico, perché lui ( nd il nuovo batterista Ryan Blake Folden ) é veramente bravo e con le parti di batteria possiamo fare parecchie cose. Ci saranno anche altre differenze. Voglio dire, abbiamo reintrodotto molte parti cantate in growl, quindi in generale sará piú pesante. Questo é strano, perché da un lato torniamo alle radici dei LACUNA COIL con piú growl e piú metal e dall’altro lato abbiamo anche molti nuovi elementi. Questa combinazione rende il tutto veramente nuovo per noi. Evolverci é sempre stata la cosa giusta da fare per noi”.La band italiana si rimette in gioco, con questo “
Delirium” decide di alzare il tiro e creare una sorta di spartiacque fra cio’ che c’è stato prima ed i LC che verranno.
Ma iniziamo con ordine, innanzitutto è il primo lavoro senza i componenti storici, il batterista Cristiano "Criz" Mozzati, il chitarrista Cristiano "Pizza" Migliore, che hanno abbandonato a Febbraio 2014, e sopratutto Marco "Maus" Biazzi, che ha lasciato poco prima delle sessioni di registrazione di Delirium. Defezioni importanti che però non hanno condizionato l’esito finale del lavoro, anzi hanno dato forse piu’ determinazione a Cristina & C. nel comporre un album lungo il quale troviamo ciò che di meglio i LC possono dare nel 2016 . Lasciate alla spalle le “contaminazioni mainstream” e le commistioni nu–metal americane di Karmacode, Shallow Life e Dark Adrenaline, la band milanese punta sull’impatto, sui suoni heavy, sull’evocazione e sulle atmosfere che i brani sanno creare, sul grande valore aggiunto rappresentato dall’uso peculiare della doppia voce pulita e growl.
Pur non essendo propriamente un concept album, come gli stessi LC hanno dichiarato, “Delirium” è una storia con un unico filo conduttore e cioè la connessione della malattia mentale con l’argomento più ridotto delle follie di tutti i giorni, le follie che sperimentiamo nella vita reale. Alcuni di noi vivono momenti di depressione, altre persone hanno problemi famigliari, così la band ha fatto una ricerca sulle caratteristiche di ciascuna malattia mentale e poi le ha inserite nell’album, che ha immaginato come un manicomio dei Lacuna Coil. Ogni brano è come una stanza del manicomio, dove un diverso paziente affronta un diverso tipo di malattia. Esemplificativo a tale proposito il brano “
You Love Me ‘Cause I Hate You", che parla della Sindrome di Stoccolma (in cui ci si innamora della persona che ti tiene prigioniero), o ancora “
House Of Shame”, con l’urlo terrificante di Andrea in apertura, che parla del sentirsi imprigionati prima ancora che tra quattro mura, nella propria mente. Impossibile quindi scernere le liriche dalla musica, sono un tutt’uno e su questo i LC hanno lavorato duramente creando un prodotto che probabilmente riuscira' ad attrarre nuovi fans, quelli magari stanchi del classico gothic-metal ed abbastanza open minded da accettare un lavoro che ha esplorato territori in parte nuovi. Non parliamo di stravolgimenti ma di una maturazione a livello di songwriting indiscutibile. Già dalla iniziale
"House Of Shame" in poi, la matrice è una melodia molto potente, con voci che si alternano e si incrociano ora narrando, ora urlando il dolore e la disperazione, "
Broken Things" è sorretta da vocals feroci, la titletrack ha un chorus che evoca l'alienazione,
"Blood,Tears,Dust" ha un piglio metal-elettrico con un pregevole assolo centrale, "
You Love Me Cause I Hate You" ha un andamento ipnotico, "
Ghost In The Mist" e la conclusiva "
Ultima Ratio" hanno una carica alla Slipknot seppur con inserti piu' melodici.
Ottima la produzionre ( il disco è stato registrato a Milano ) ed ottima la prova dei chitarristi che si sono succeduti, oltre allo stesso Marco Coti Zelati (qui anche produttore), Marco Barusso, Mark Vollelunga ( dei Nothing More), Myles Kennedy.
I LC hanno sfornato il miglior lavoro della loro discografia, in grado di condurci come un moderno Caronte tra i meandri infernali della mente umana, sorretti da una colonna sonora sinistramente evocatrice.