Le manie di grandezza di Erik Rutan ormai non hanno più confini, dopo essere stato per anni una colonna portante dei death gods Morbid Angel, sia dal vivo sia su dischi come “Covenant”, “Domination” e “Gateways To Annihilation”, e dopo essere diventato uno dei produttori più affermati in ambito estremo, qualche anno fa diede la scalata al trono del death metal con l’eloquente e ottimo “Conquering The Throne”, seguito dall’ancora più eloquente e presuntuoso, ma solo nel titolo perché il disco era ottimo, “King Of All Kings”. Oggi Erik Rutan e i suoi Hate Eternal tornano e non hanno più bisogno di paragonarsi a nessun altro, non hanno più bisogno di mettersi in relazione con le altre bands, buone e meno buone, che affollano la scena, e di conseguenza ecco un titolo totalitarista come “I, Monarch”.
Tuttavia sebbene possa essere definito presuntuoso, Erik Rutan ne ha ben donde, in quanto ha sempre composto musica di alta qualità e questo nuovo disco ne è la conferma. La capacità di Erik di creare un death metal complesso, intricato, dalle strutture soffocanti come le spirali di un boa constrictor, brutale fino al parossismo, ricco di groove, intenso ed “heavy as fuck!” per dirla alla americana, è davvero eccellente.
Il disco parte come un caterpillar lasciato in folle su una discesa, cioè irrefrenabile nella sua corsa folle ed invereconda. L’uno/due “Two Demons” e “Behold Judas”, mette in mostra quanto di meglio il death metal possa offrire oggi, delineando la linea di evoluzione di un genere che dai tempi di “Altar Of Madness” ad oggi ha compiuto passi da gigante, passi dei quali Erik Rutan è stato uno dei protagonisti. Poi, ancora, come faccio a spiegarvi cosa è quella macchina da guerra chiamata Derek Roddy? Il suo drumming si enfatizza attraverso le intricate strutture chitarristiche di Erik, e offre una prova cervellotica, schizzata, totalmente malata e deviata, con velocità inumane e potenza a tonnellate. Sono tre uomini, ma suonano come un esercito di corazzieri a cavallo.
La prima parte del disco è molto basata sull’impatto, sulla velocità e sulla brutalità. Solo dalla title-track in poi le velocità accennano a diminuire, e “I, Monarch” stessa è un pezzo cadenzato, lento, soffocante, come sapevano fare i Morbid Angel. Grazie a questa seconda parte, e alle ottime “It Is Our Will” e “Sons Of Darkness” il disco acquista una certa varietà, decisamente benefica per il risultato complessivo. Un risultato di certo aiutato dalla produzione, ottima, e dalla prova vocale di Erik, davvero un gran cantante, con un growl maturo, profondo e brutale.
Il disco va a chiudere con la strumentale “Faceless One”, una song che non centra quasi nulla col mood del disco, molto più melodica e variegata, un mero esercizio di stile, del quale si poteva fare anche a meno, a patto che non la si voglia considerare come un riempitivo necessario, per attutire il traumatico passaggio dalla musica degli Hate Eternal al maestoso e terrificante silenzio che regnerà nel vostro stereo dopo che il lettore avrà smesso di riprodurla.
“I, Monarch” entra di diritto nella lista delle uscite rimarchevoli di questo 2005, una ulteriore lezione di uno dei maestri del Death Metal, che in quanto a tecnica e brutalità non è secondo a nessuno. Nessuna innovazione, nessuna concessione ad orpelli di sorta, “only 100% pure blasting Death Metal”. Chapeau.
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