Copertina 9

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2016
Durata:69 min.
Etichetta:English Electric

Tracklist

  1. FOLKLORE
  2. LONDON PLANE
  3. ALONG THE RIDGEWAY
  4. SALISBURY GIANT
  5. THE TRANSIT OF VENUS ACROSS THE SUN
  6. WASSAIL
  7. WINKIE
  8. BROOKLANDS
  9. TELLING THE BEES

Line up

  • David Longdon: lead vocals, flute, banjo, mandolin, organ, glockenspiel
  • Nick D'Virgilio: drums, backing vocals
  • Greg Spawton: guitars, keyboards, bass
  • Andy Poole: bass, keyboards
  • Dave Gregory: electric guitar
  • Danny Manners: keyboards, double bass
  • Rachel Hall: violin, backing vocals
  • Rikard Sjöblom: keyboards, guitars, backing vocals

Voto medio utenti

“La differenza la fanno i campioni”.

Quante volte abbiamo sentito questa massima per descrivere quella squadra che, pur esprimendo un bel gioco, manca del valore aggiunto dai veri campioni per fare il salto di qualità? Facendo un parallelo, credo che la stessa possa calzare alla perfezione anche per i Big Big Train.
Per almeno metà della loro carriera sono stati bollati e liquidati frettolosamente come banali e poco ispirati cloni dei Genesis poi, man mano che il nucleo originario della band si sfaldava, agli irriducibili Greg Spawton e Andy Pool si sono affiancati pezzi da novanta come Nick D’Virgilio (Spock’s Beard), Sean Filkins prima e David Longdon poi alla voce e non ultimo Rikard Sjoblom (Beardfish) inspessendo la personalità e le qualità della proposta musicale. Da “Gathering Speed” al secondo volume di “The English Electric” è stata una continua ascesa che li ha trasformati nella punta di diamante di quel movimento revivalista saldamente ancorato alla tradizione progressiva sinfonico-romantica anglosassone.
A tre anni di distanza dai classici moderni “English Electric part I & II” e a un anno dall’ep “Wassail”, arriva “Folklore” ad arricchire il nostro treno di un’altra carrozza in cui accomodarsi e lasciarsi trascinare in un viaggio che, visto il titolo, non può che essere tra le antiche campagne inglesi.
La title track è aperta da una romantica melodia pastorale eseguita da un ottetto archi-ottoni (onnipresente nel prosieguo del disco), interrotta bruscamente dal festoso riff del violino di Rachel Hall a cui segue un batti e ribatti quasi gospel, tra un Lagdon predicatore e il coro della band, il tutto alternato al tema principale del violino. Questa cavalcata elettrofolk si libera nel bel ritornello e sublima nella parte centrale con un duetto tra il flauto (suonato sempre da Langdon) e la chitarra di David Gregory che non può non ricordare alcune atmosfere care ai Jethro Tull. Un festoso finale, con l’intervento anche dell’orchestrina e di vari solismi tastiera, violino e chitarra, chiude quello che è un inizio indovinato e dal quale è stato anche tratto un video decisamente “casereccio”.
La meravigliosa “London Pain” scioglierà letteralmente i cuori di tutti i fans dei Genesis. Un Langdon, più che mai in versione Peter Gabriel, canta una soave ballata folk su tappeto di arpeggi, violini e l’onnipresente flauto. Il brano acquisisce spessore man mano che procede per poi lanciarsi in una ispirata e travolgente intermezzo strumentale, ritornando alla sognante tranquillità della prima parte e concludendosi con un solo di chitarra, quasi una variazione di quello celebre di “Hotel California” degli Eagles. “London Pain” sposta più in alto l’asticella per chi vorrà cimentarsi nell’interpretazione di sonorità classicamente genesiane.
L’orchestrina e il piano sorreggono la struttura della prima parte di “Along the Ridgeway”, ballata con un sempre ispirato Langdon e la parte restante della band a sostenerlo nei cori. Il brano si movimenta con variazioni ritmiche che apportano una maggiore vivacità in occasione del ritornello e negli intrecci strumentali tra violino e organo Hammond. Gli ottoni conferiscono un tono evocativo e romantico e con grande rilassatezza veniamo condotti a “Salisbury Giant”, dalle connotazioni maggiormente folk con i violini a dettare il tema e l’organo ad accompagnare. Con la sua breve durata di poco più di 3 minuti, quasi esclusivamente strumentale, funge da interludio tra le atmosfere che ci hanno preceduto e quelle che seguiranno.
Da lacrime l’introduzione orchestrale a “The Transit of Venus Across the Sun”, sognante, tenue, struggente, che lascia spazio ad un arpeggio hackettiano (ma anche, phillipsiano) con l’espressivo cantato di Langdon che avanza tenue per arrivare ad un altro memorabile refrain. Fenomenale la parte centrale con un crescendo di voci e cori sovrapposti che sfocia nel reprise del tema introduttivo orchestrale e con un altro indovinato solo di chitarra a concludere. Impossibile non commuoversi!
Per il cuore gonfio da tante emozioni è quasi una liberazione “Wassail” (antico rituale agricolo di benedizione degli alberi da frutto e degli animali da stalla) con il suo progfolk sbarazzino. Il brano segue le orme della title track con perfetti intrecci della voce solista, dei cori, del violino e del flauto, con un ritornello radiofonico che non può non ricordare qualcosa del Peter Gabriel solista. A tale proposito se qualcuno volesse divertirsi a mixare il brano con “Sladgehammer”…. “Wassail” è anche la title track del precedente ep e il consiglio, per chi non l’avesse, è di procurarsi la versione di “Folklore” download in alta definizione o quella in vinile dove saranno disponibile gli altri due inediti dell’ep e, credetemi, ne vale veramente la pena visto il loro valore.
Winkie” è forse uno dei brani più movimentati ed elettrici: il tema principale è costituito da una danza antica e festosa raddoppiata dall’Hammond a creare un andamento saltellante con cui sarà impossibile restare fermi. Una cavalcata tipicamente seventies che può ricordare un po’ gli Uriah Heep e un po’ i soliti Genesis per il grande lavoro del comparto tastiere e per le sempre varie e ispirate aperture melodiche. Quel “lallalallalallalalalà lallalallalallalalalà lallalallalallalalalà lallalallalallalalalà” in sottofondo si piazzerà in testa e non vi lascerà per un bel po’.
Con i suoi circa 13 minuti “Brooklands” è il brano più lungo del disco e uno dei momenti chiave. Troviamo la perfetta coesistenza di un’anima elettrica e di un’altra acustica, una chitarra e un violino che punteggiano ed abbelliscono un sound ora rilassato ora furente, con ancora un carico emotivo e di melodie di rara bellezza. Una roboante parte centrale strumentale ci ricorda il valore tecnico della band. “Brooklands” è quasi un compendio di ciò che abbiamo ascoltato fino ad ora e la rappresentazione perfetta di cosa può e deve essere il rock progressivo nel 2016.
Telling the Bees” è il brano più semplice e diretto, posto in chiusura forse a volerci ricordare che i Big Big Train sono maestri anche nel creare delle efficaci e raffinate melodie pop. Lungi dall’essere una commercialata, il suo tono scanzonato lo pone però un po’ al di fuori dell’atmosfera respirata fino adesso.
Il viaggio è finito, si ritorna a casa. Il nostro treno ci ha fatto viaggiare indietro nel tempo facendo la spola tra antiche tradizioni druidiche e gli irripetibili anni ’70. Conserviamo nel cuore il ricordo di verdi colline e fitti boschi, di danze intorno ad un fuoco la notte di Ognissanti, di rituali pagani e di un suono eterno che, traendo origine dalla natura, in mani sapienti può coesistere perfettamente con l’irruenza e l’irriverenza di un certo rock.
Folklore” conferma, se mai ci fossero dubbi, i Big Big Train come cantastorie sublimi, capaci di interpretare e riscrivere una storia vecchia di quarant’anni quale è quella del rock progressivo.

A cura di Antonio Cristiano


Recensione a cura di Ghost Writer

Ultime opinioni dei lettori

Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 05 giu 2016 alle 23:12

Una bella recensione di english electric non sarebbe male.. magari l'edizione full power.. se hai voglia :)

Inserito il 05 giu 2016 alle 20:07

Direi di un qualcosa inferiore ai due English Electric, ma livelli sempre vertiginosi

Inserito il 05 giu 2016 alle 07:38

ottima recensione! non l'ho ancora ascoltato ma ne parlano tutti molto bene.. bissare "English Electric" sembrava impossibile ma a quanto pare..

Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.