Non mi stancherò mai di dire che in Italia abbiamo degli artisti di Serie A. Se i
Subliminal Fear non lo sono poco ci manca, e questo
"Escape From Leviathan" ne è la dimostrazione. Dopo una carriera non propriamente facile iniziata più di dieci anni fa e che, purtroppo, accomuna tante realtà specialmente nel nostro Belpaese (cambi di etichetta, di formazione, di professionisti a cui appoggiarsi), la band ha saputo dare forma a un sound personale e indubbiamente competitivo sullo scenario internazionale.
Del death metal melodico di scuola In Flames degli esordi è rimasto ben poco: la nuova frontiera (battezzata dalla formazione "cyber-metal") è un ibrido fatto sì di death metal, ma anche di musica elettronica, atmosfere cinematografiche e, soprattutto, groove. Tanto groove. La proposta musicale si potrebbe accostare agli ultimi Fallujah, ma sarebbe comunque inesatto, dato che a questi ragazzi la personalità non manca di certo.
Lo pseudo-concept che lega le tracce rimanda a un futuro neanche troppo lontano e a una società distopica dove a farla da padrone sono le macchine (curiosa la somiglianza tra la copertina di questo disco e l'artwork di
"Brain Salad Surgery" degli ELP, guarda caso ad opera del defunto
H. R. Giger, il visionario di
"Alien", e incentrato su una trama molto simile). Già il buon opener
"Phantoms Or Drones" crea l'ambientazione giusta, tra suoni belli "grassi" (la produzione è inattaccabile) e pregevoli aperture melodiche (davvero azzeccata la scelta di puntare su due cantanti, uno pulito e uno growl, oltre alla prestazione di alcuni guest). Ma c'è spazio anche per soluzioni ritmiche non scontate (il break di
"Nexus"), incursioni sinfoniche (
"Escape From Leviathan"), accenni di blast beat (
"Evilution"), cover inaspettate (
"Living In Another World" dei Talk Talk) e colpi di scena hollywoodiani (la conclusiva
"The Disease Is Human Emotion").
Mi sento comunque di fare due appunti. Il primo è relativo alla mancanza totale di assoli: se si tratta di una scelta consapevole è davvero un peccato, darebbero un "twist" a tutti i brani, nessuno escluso. Il secondo, più delicato, riguarda le strutture dei brani, alle mie orecchie un po' ripetitive (banalizzerei così: intro più o meno indiavolato con più o meno groove - strofa e ritornello il più immediato possibile - break ambient/elettronico o in alternativa ritmiche serrate di memoria Fear Factory - finale a mille). Voi come la vedete?
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