Gli Eden Lost sono una delle nuove proposte iberiche (insieme a 91 Suite, Ice Blue, Airless e Nexx, tra le altre) nell’ambito di quel particolare tipo di hard rock tastieristico dove le imponenti propagazioni melodiche si estendono sino alle trame A.O.R., proseguendo la tradizione di un gruppo come quello dei Niagara (formazione di cui ha fatto parte, in una recente incarnazione, anche l’attuale singer degli Eden Lost, Ignacio Prieto), di cui ricordo con molto piacere il disco d’esordio “Now or never”, abbondantemente derivativo, ma al tempo stesso provvisto di una certa dose di classe.
L’hard melodico dei nostri, principalmente influenzato in modo piuttosto palese da Bon Jovi (in versione “early years”), Firehouse e Dokken, soffre, a differenza di quello esposto dagli appena menzionati antesignani, di qualche difetto di troppo, innanzitutto sotto il punto di vista del songwriting, che non riesce quasi mai ad essere espressamente ficcante e convincente, mentre non sono rilevabili visibili carenze dal lato squisitamente esecutivo, il cui standard è mantenuto durante tutto il dischetto su livelli piuttosto consistenti.
In realtà, lo stesso Ignacio, pur dotato di buon’estensione vocale e di discrete capacità interpretative, non mi sembra in possesso di una timbrica molto attraente, risultando un po’ troppo “impostata” (talvolta pure lievemente scomposta) e dipendente in maniera eccessivamente smaccata da modelli quali il buon Giovanni Bongiovanni dei tempi belli e l’Axl Rose non ancora interessato ad interminabili studi sulla “democrazia cinese” (i cui risultati concreti non sono tuttora ancora pervenuti).
I brani scorrono senza che il sismografo della “soddisfazione” rilevi picchi significativi, manifestando qualche minima oscillazione verso l’alto in occasione di “Lost in paradise”, “Burn” (forse il brano migliore in assoluto), “If you need ... you can count on me”, “No way out” e “Over the fire”.
“Road of desire” non è un lavoro con schiaccianti caratteristiche negative, ma, d’altro canto non si può nemmeno parlare d’attributi che possano essere minimamente valutati come esaltanti o particolarmente brillanti … passione, applicazione e idoneità strumentale non sono bastate agli spagnoli per andare oltre una sufficienza formale (comunque raggiunta senza grossi sforzi), superabile solo, vista anche l’intransigenza stilistica esibita, con un incremento sostanziale nelle capacità di scrittura e la rettifica di un approccio canoro al momento contraddistinto da parecchie ingenuità.
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