Dispiace non potersi esprimere in termini entusiastici nel commentare l’albo d’esordio dei
Bellathrix, un manipolo di musicisti piuttosto esperti, intenzionati a sostenere il valore immarcescibile dell’
HM “classico” e, in qualche modo, a enfatizzare il ruolo femminile nell’ambito di un settore ancora oggi pieno di pregiudizi.
La verità è che le tre “amazzoni” (
Stefania Prian, “
Lally” Cretella ed
Elisa Pilotti) e i due
maschietti (
Steve Vawamas e l’ospite
Pier Gonella, gente che non ha bisogno di molte presentazioni …) del gruppo hanno sfornato un dischetto nell’insieme abbastanza soddisfacente, e tuttavia anche un po' troppo discontinuo e claudicante per poter onorare appieno intenzioni artistiche così lodevoli e sostenere adeguatamente la sfida della convulsa scena musicale contemporanea.
“
Orion” vive, infatti, di talune felici intuizioni e di pause piuttosto evidenti, frenato nei suoi effetti emotivi da una prestazione vocale (compresa la gestione dei cori) non sempre focalizzata, con la
Prian, dotata di un timbro gradevole ma leggermente esile, spesso in difficoltà nella conduzione di brani comunque non esattamente esaltanti sotto il profilo compositivo.
Ed ecco che l’affidabile carica
Maideniana di “
The road in the night” si arena in linee canore poco incisive e che la situazione migliora solo parzialmente nelle graffianti cadenze della successiva “
Before the storm”, in cui merita di essere sottolineata l’ottima prova di
Gonella.
Dopo due tracce di “riscaldamento”, “
Fly in the sky” offre la possibilità di saggiare le capacità “reali” della
band, regalandoci un brano finalmente coinvolgente e “a fuoco” nel suo complesso e lo stesso si può affermare per la successiva “
My revenge”, un viscoso momento di
hard-blues screziato di
funky, alquanto riuscito.
Si continua con la piacevole “
I don’t believe a word” e il suo grazioso tocco
Zeppelinesco e, mentre al fervore
NWOBHM della
title-track manca un pizzico d’intensità, piace parecchio la leggiadra atmosfera celtica di “
King of Camelot”, impreziosita dal flauto incantatore di
Martin Grice dei Delirium.
Due parole, infine, sulla scelta di
coverizzare “
The ritual” della Strana Officina, una di quelle imprese in cui c’è molto più da perdere che da guadagnare … ebbene i nostri (con il supporto di
Tommy Massara degli Extrema, autore del ficcante
guitar-solo) riescono a proporre una versione credibile di un pilastro assoluto della storia del metallo tricolore, dimostrando sapienza e misura nel celebrarlo con il giusto temperamento e senza tentare di snaturarlo.
Un lavoro tra luci e ombre, dunque, e a questo punto non resta che rimandare i
Bellathrix all'appuntamento del prossimo disco o magari a quello del prossimo palco, dove riusciranno verosimilmente a trasmettere in maniera più efficace l’energia e la passione di cui dispongono.
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