Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:56 min.
Etichetta:Nuclear Blast Records
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. SHE SINGS I KILL
  2. REAPER'S DANSE
  3. MY WOMAN IN BLACK
  4. ACID ROULETTE
  5. WINTER SIDE OF DERANGED
  6. SéANCE
  7. TWILIGHT COVEN
  8. SURVIVES
  9. BLIND MAN'S SHINE
  10. MOON TENSION
  11. TOWER GROVE
  12. MIGHT BE YOUR MAN
  13. ADDICTIONS

Line up

  • Aryn Jonathan Black: vocals
  • Alec Caballero Padron: bass
  • Christopher Jay Cowart: guitars
  • Jon “Charn” Rice: drums
  • Aaron John “AJ” Vincent: keyboards

Voto medio utenti

Questa “faccenda” del vintage rock ha ormai assunto proporzioni davvero considerevoli, con una miriade di formazioni impegnate strenuamente a tributare la loro devozione ai colossi del genere.
Emulazione, mancanza di stimoli, riconoscenza e vera resurrezione di un suono immarcescibile si mescolano vorticosamente e diventa sempre più difficile districarsi in mezzo a tutti questi fanatici dei seventies più o meno “autentici”.
Considero gli Scorpion Child uno di quei gruppi capaci di riprendere i dogmi della “tradizione” e proporli con il feeling originario e una vigoria adatta ai nostri tempi. La loro dipendenza dai Led Zeppelin, soprattutto, è assolutamente evidente, ma nella musica dei texani c’è anche tanta energia e tensione espressiva, in una misura sufficiente da allontanarli dal plagio e da renderli credibili e convincenti pure agli occhi (e alle orecchie …) di chi il Dirigibile lo ama ancora follemente e non accetta di buon grado sterili riproposizioni della sua arte immortale.
Per di più oggi, a tre anni dall’esordio eponimo, dopo un’importante serie di avvicendamenti in line-up, la band americana sembra aver trovato un’invidiabile coesione e determinazione, con il tastierista Aaron John “AJ” Vincent da considerare un acquisto veramente prezioso, in grado di conferire una diversa pienezza e un suggestivo “colore” al suono (ascoltatelo nella title-track per un immediato riscontro).
La conferma di Aryn Jonathan Black nelle vesti di “novello Robert Plant” (una “novità”, tra l’altro!) è condivisibile nella forma e tuttavia un po’ fuorviante e riduttiva nella sostanza, sia perché il migliore “Percy” è tuttora inarrivabile e sia perché il bravo vocalist americano aggiunge alla sua prestazione intriganti sfumature timbriche abbastanza inusuali per il “ruolo” (si dichiara fan di Bauhaus e The Sister Of Mercy …), dimostrando di aver appreso dai grandi della fonazione modulata anche una certa duttilità interpretativa.
Acid roulette” è, dunque, un disco di hard-rock classico che difficilmente vi sembrerà un semplice “specchio del passato” e anche quando, come accade in “She sings I kill”, “Winter side of deranged”, nel viscerale bluesBlind man's shine” e nella spigliata “Moon tension”, lo “spettro” del Martello degli Dei si manifesta in maniera piuttosto tangibile, l’impressione è che si tratti di una lezione appresa e non pedissequamente ripetuta.
Restando in tema di “fantasmi”, troverete quelli della NWOBHM comparire nelle scosse di “Reaper's danse”, e mentre “My woman in black” stimolerà brividi di soddisfazione cardio-uditiva negli estimatori dei The Cult, “Acid roulette” onora il suo titolo e materializza nei gangli sensoriali dell’ascoltatore un trip ipnotico e straniante impregnato di Deep Purple e Pink Floyd.
"Twilight coven” (con il drumming impetuoso di Jon “Charn” Rice) e “Tower grove”, potrebbero facilmente essere scambiate per una jam fra Zeps e Purple, la toccante “Survives” aggiunge Queen, Bowie e Mother Love Bone all’elenco dei “buoni maestri “ del quintetto e la fuligginosa “Might be your man” sconfina addirittura nei territori desertici e accecanti dello stoner.
Addictions”, con i suoi sei minuti abbondanti (compresa la “coda” effettistica …) di seducente hard-rock-blues (una “roba” da fare invidia a The Black Crowes e The Temperance Movement), è il perfetto sigillo di un albo che riesce a essere rigoroso e conservatore senza apparire datato e sottomesso … in fondo, è “solo” questo che si chiede ai tanti cosiddetti retro-rockers che affollano la scena contemporanea.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 01 lug 2016 alle 14:59

devo ancora ascoltare, però si sta davvero esagerando con 'sti gruppi.. per ora salvo i Purson per il tocco femminile della Cunningham

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