Per me è già una bella cosa che in una nazione con tanti gravi problemi come Israele, riescano ad emergere formazioni di heavy metal cattivo ed arcigno. Pretendere anche l’originalità da un quartetto come i Betzefer forse è chiedere troppo.
Questi ragazzi sono cresciuti con i Pantera come mito assoluto, quindi suonano esattamente come loro. Stessi riffs, identica struttura, medesime ritmiche, un cantante-clone di Anselmo, anche ascoltando il disco attentamente risulta quasi indistinguibile dagli originali.
Ciò non esclude il fatto che il lavoro scorra bene. Potenza, cattiveria, urla catarrose, strappi violenti, qualche rallentamento fangoso alla Down specie nella conclusiva “Black inside”, c’è l’armamentario completo del metal grezzo e muscolare e gli israeliani ci mettono tutta la grinta e la dedizione possibile oltre ad una discreta tecnica. Mettendo da parte il fattore derivativo è un disco solido e fatto bene.
Non resta altro da dire, se non augurare ai Betzefer di trovare in futuro un’impronta più personale, magari attingendo alla tradizione della loro bellissima e martoriata regione.
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