Il progetto
Hurz nasce nel 2014 da tre personaggi già noti della scena doom romana e più in generale italiana.
Nicola Rossi è il frontman dei Doomraiser, milita nei Black Land come batterista ed è un ex membro dei Tiresia Raptus.
Nicola Irace e
Sergio Oriente, invece, sono due ex membri dei Sesta Marconi. Il primo ha poi militato anch’esso nei già citati Tiresia Raptus, di cui forse gli
Hurz sono una specie di figlio illegittimo. Tutti e tre polistrumentisti, hanno quindi deciso di unire le loro forze per mettere su questo nuovo gruppo che, a differenza di molte altre band in giro per la penisola, ha come scopo principale quello di portare avanti un concetto ben preciso. I nostri hanno infatti un approccio che oserei definire innanzitutto filosofico, e poi musicale, in quanto ascoltando il CD si ha la netta impressione che le musiche servano a rafforzare concetti ben più profondi dei semplici testi banali a cui siamo abituati normalmente. La passione per l’occulto, l’esoterismo e tutto ciò che è spirituale accomuna i tre ragazzi, e dietro ogni singola storia narrata nei brani di questo album di esordio c’è un grande e approfondito studio, rafforzato anche dalla simbologia e dai disegni presenti nel booklet del CD.
Per quanto concerne invece l’aspetto più propriamente musicale, dimenticate i trascorsi spiccatamente doom dei nostri tre moschettieri. Non troverete chitarroni e batteria pachidermici in questo disco. I brani, mediamente lunghi, si muovono invece lungo coordinate neo-folk/ambient, ma questo giusto per darvi una prima idea di base. Il tutto viene arricchito con diversi innesti, dalla musica industriale dei Throbbing Gristle ad un certo nichilismo kraftwerkiano (“
L’amoureux – L’heure de la choulette”), senza dimenticare assolutamente un grande musicista nostrano come Antonius Rex e i suoi Jacula, evocato più che altro durante le parti narrate. Aggiungete un latente sapore vagamente mediterraneo e sonorità marziali e forse avrete un quadro completo della proposta dei nostri.
L’album è diviso in due cicli, “
Tragoedia” e “
Symbolum”. Il primo blocco è occupato quasi interamente da due mini suite, “
Il nodo” e “
San Giorgio e il drago”, la prima strumentale, la seconda interrotta da brevi parti narrate che mi hanno ricordato molto lo stile del già citato Rex. La seconda parte del disco presenta quattro brani più brevi, tra i quali spicca senza ombra di dubbio “
1+1=3”, dall’incedere marziale, che insieme alle già citate due mini suite è sicuramente il fiore all’occhiello di un album che in ogni caso non ha bruschi cali. Tutti i brani sono allo stesso livello e frutto di una composizione mirata e studiata fin nel più piccolo dettaglio.
“
Hurz” è un album che per ovvi motivi non può essere diretto a tutti. Per apprezzarlo appieno c’è bisogno di una grande apertura mentale, un’ottima cultura musicale (quindi via i pregiudizi), e un notevole interesse per i temi trattati. Se pensate di possedere queste doti allora potete approcciare al disco senza problemi, e vi assicuro che non ve ne pentirete, perché il livello è veramente altissimo. Una band da tenere assolutamente d’occhio, sperando che abbia più fortuna dei precedenti progetti (Sesta Marconi, Tiresia Raptus), che hanno avuto purtroppo epiloghi sfortunati.
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