Virus non è un nome particolarmente originale per una band. Non si può però dire lo stesso del sound di questa formazione norvegese non prolificissima dedita a un avantgarde metal curioso e al contempo intrigante, di cui è difficile individuare le reali influenze (ci proverò comunque nel corso della recensione).
Già dalle prime note di
“Afield” l’ascolto è abbastanza spiazzante: groove niente male, basso pulsante, armonie spigolose, cantato di stampo teatrale, break sinistro e doomeggiante. La successiva
“Rogue Fossil” potrebbe riecheggiare i Velvet Underground di
Lou Reed ma gli stacchi con la cassa in quarti non possono non far pensare alla disco music di fine Anni Settanta.
“Dripping Into Orbit”, con l’intro strutturato come la zeppeliniana
“Rock And Roll”, gioca sul contrasto battere/levare e risulta ipnotica e vagamente lisergica (con tanto di coretti psichedelici nel finale). Sono i King Crimson di
“Indiscipline” a ispirare invece
“Steamer”, guidata da un cantato inespressivo di matrice kraut.
“Gravity Seeker” vorrebbe essere una canzone tradizionale, con il suo incedere new wave (a me sono venuti in mente i Joy Division) ma fallisce (in senso buono) col sopraggiungere del magnetico assolo di chitarra. In
“Phantom Oil Slick” c’è lo spettro di
Dave Brock, con un intro terzinato quasi blues e un break dalle tinte noise ricco di validi spunti ritmici.
“Memento Collider” non è per niente male. Si tratta sicuramente di un disco coraggioso e non immediato, ma di buone idee ce ne sono a volontà. Non per tutti, non estremo come qualcuno potrebbe aspettarsi da band provenienti da certe terre fredde, ma non per questo meno consigliabile.
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