La nutrita discografia dei Whitechapel si arricchisce del nuovo album "
Mark Of The Blade" che aggiunge qualcosa di nuovo a quanto già sapevamo.
Nelle 11 tracce infatti troviamo, come lo stesso chitarrista Alex Wade ha dichiarato, qualche "traccia di sperimentazione".
In che senso lo andremo a vedere qui di seguito
La formula rimane quella di un Death Metal rabbioso, sincopato ( con qualche riff che rimanda anche agli Slipknot ad es in "
Killing Industry", "Mark Of The Blade" ), ma anche piu' ricco di groove rispetto al passato, un suono piu' ragionato, "melodico" se vogliamo; addirittura in "
Bring Me Home" ( a mio avviso il brano migliore, molto struggente , parla della morte del padre di Phil Bozeman, avvenuta quando lui aveva 10 anni ) abbiamo una cleaning voice, come su "
Decennium":
Ben inteso, non c'è un ammorbidimento nel sound, semplicemente è piu' aperto, piu' dinamico. "
The Void", "Dwell In the Shadows" sono sempre mazzate sui denti, il growling rimane cavernoso e feroce ed il lavoro delle chitarre sempre su alti livelli, come la produzuzione d'altronde Mark Lewis come produttore è una garanzia (The Black Dahlia Murder, Cannibal Corpse).
Insomma, i
Whitechapel hanno voluto evolversi rimanendo credibili, e di questo bisogna dargliene atto. Saranno i die-hard fans a giudicare se hanno fatto bene oppure no.
Io, pur non amando alla follia il loro genere, non mi sento di bocciarli, in "
Mark Of The Blade" non ci sono filler, pure lo strumentale "
Brotherhood" è di discreta fattura, anche se la forza d'urto di classici come “
The Saw is the Law” o “
I, Dementia” è qui un pò frenata.
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