Divenuti oggetto di culto nel corso della loro quasi ventennale carriera, i finnici
Baptism rilasciano il loro quinto album di lunga durata, primo per la Season of Mist, all'insegna del più fiero, e valido, black metal, da sempre marchio di fabbrica del gruppo.
Sebbene le spigolosità degli esordi siano andate perdute, in omaggio alla evoluzione musicale derivante dalle accresciute doti tecniche di
Lord Sargofagian e soci,
"V: The Devil's Fire" resta un album nero e violento, formalmente ineccepibile, colmo di fascino e pathos grazie ad una grandiosa vena epico melodica che si intreccia con le parti più brutali dei brani, tutti arrangiati con grande gusto e pregevolmente in bilico tra efferatezza e momenti più ragionati.
I
Baptism, dunque, hanno intrapreso un percorso all'interno del quale la loro musica si apre alla melodia senza, tuttavia, rinunciare a quell'alone malsano che da sempre accompagna le loro composizioni, dandoci prova dell'intelligenza compositiva di un musicista che sa plasmare il metallo nero adattandolo alle moderne evoluzioni del genere e ricordandone le radici e la malignità.
Difficile citare all'interno dell'album un solo brano: tutte le composizioni, infatti, sono di elevata qualità, sia quando i
Baptism viaggiano a velocità elevate, l'inno
"Satananda" che apre il lavoro, sia quando i ritmi si fanno cadenzati e le atmosfere, come ricordavo in precedenza, epiche e molto suggestive, quasi ritualistiche in brani come
"Abyss" o
"Cold Eternity", soprattutto per un intelligente uso delle tastiere, mai invadenti, e per l'ottimo lavoro svolto in fase di solos da parte del chitarrista TG, elementi, questi, che vengono esaltati da una produzione che, senza dubbio, è la migliore sulla quale i finnici abbiano mai potuto contare nella loro carriera.
Insomma,
"V: The Devil's Fire" è un disco con i fiocchi, è black metal suonato con il cervello oltre che con Satana.
Non credo sia opportuno vi facciate sfuggire questa perla.
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