Secondo disco per i finlandesi Deathbound, dopo il discreto “To Cure The Sane With Insanity” del 2003. In questo “Doomsday Comfort” la sostanza del precedente disco non cambia, e ci troviamo di fronte quindi ad un massacro sonoro, a base di grindcore e death metal, che fa della velocità e dell’annichilimento dei nostri padiglioni auricolari una ragione di vita.
Il problema però sta nell’eccessiva ripetitività del tutto, con pochissimi attimi di respiro, sicché il colorito dell’ascoltatore diventa quasi subito cianotico, il che non sarebbe un male, anzi tutt’altro, se il tutto non fosse appesantito da una grossa mole di clichè e luoghi comuni del genere.
I Deathbound non hanno ancora capito che possono andare veloci e possono picchiare duro quanto vogliono, ma l’orecchio umano dopo un po’ si abitua, laddove non diventa sordo, e quindi va tutto in noia e piattume. Invece, ogni tanto, un break enfatizzerebbe l’accelerazione che viene dopo, e i Deathbound non dovrebbero nemmeno sforzarsi più di tanto a correre veloci, risparmiando un po’ di energie. È questo, più o meno, il senso della cosa.
A nobilitare questo disco non vale nemmeno il fatto che si fregia di essere l’ultimo disco prodotto da Mieszko Talarczyk ai suoi Soundlab Studios, primo perché lo stesso Mieszko ne ha prodotti di ben migliori, e secondo perché questo sbandieramento, a destra e manca, mi sa tanto di mossa simil-commerciale per sfruttare la morte del grindgod polacco/svedese.
Tuttavia non è il caso di demonizzare oltremodo questa band e questo disco, che state pur certi, agli amanti del genere, regalerà la dose quotidiana di insana follia e violenza. Da questo punto di vista “Chokehold” è una song più che esaustiva a riguardo.
In definitiva un dischetto che è nella media delle uscite del genere, che si fregia di un genuino massacro sonoro ma che di più non sa offrire.
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