La proposta dei
Disemballerina possiede una qualità indefinibile e tuttavia assoluta: sa emozionare.
E quando si raggiunge un risultato di questo tipo, le classificazioni di genere diventano davvero trascurabili.
Per la cronaca, “
Poison gown” non è un disco di
metal e, sebbene i suoi artefici utilizzino esclusivamente strumenti cordofoni acustici, non c’è davvero nulla che li possa artisticamente avvicinare, per esempio, a gruppi come gli Apocalyptica.
Con un pizzico di approssimazione, forse si potrebbe parlare di un singolare ibrido tra musica classica e
dark/doom, ma qualunque sia la vostra opinione in merito, di certo si tratta di una “roba” che scava nell’anima, che inquieta e colpisce con le sue litanie indolenti, meste e avvolgenti, con le atmosfere malinconiche e le sofferte e passionali interpretazioni.
Un turbamento costante, profuso da una struttura sonora abbastanza omogenea eppure piuttosto “impressionante”, capace di condurre l’astante in una dimensione profondamente introspettiva, pregna di languori e di stimolazioni immaginifiche, da cui emerge vivida una torbida forma di viscerale spiritualità.
Melodie tenebrose, fragili o leggermente più impetuose, lontane nel tempo e nello spazio, s’insinuano nella mente dando forma a sensazioni intense e conturbanti, in una sorta di liturgia che (approfondendo la questione tramite le parole stesse di
Myles Donovan carpite dalla
Rete …) delinea storie allegoriche e “maledette” di spettacoli sanguinari e insensati (“
Impaled matador”), memorie rinascimentali (“
La Folia”), efferate vendette (“
That is the head of one who toyed with my honor”, ovvero le parole che una ragazza turca vittima di stupro ha pronunciato esibendo la testa mozzata del suo violentatore …), di percezioni illusorie cagionate dall’abbandono (“
Phantom limb”), di corse in assenza di gravità oniriche e agitate (“
Year of the horse”) e di passaggi repentini tra serenità e dramma (“
Styx”, dedicata a
Shawn Carroll, un ecologista amico e
fan della
band, affogato in un fiume), il tutto perfettamente inserito in un contesto dove non si sente quasi per nulla la mancanza “comunicativa” della voce umana.
Un disco per spiriti notturni, enigmatici e dolenti e un ottimo acquisto per il glorioso “labirinto” della
Minotauro Records.
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