Passata la mezza delusione per aver visto i Kansas fare da solo da supporto agli Styx a Milano, ecco arrivare il terzo cd solista di Steve Walsh a 5 anni dal precedente "Glossolalia", concepito e perfezionato poi con il suo Mac Intosh a casa propria. Focalizzandosi molto sul songwritig, produzione ed una svariata qualità di stili, "Shadowman" ci offre un Walsh al meglio della sua potenza vocale ed artistica,in un mix di hard-melodic-progressive rock che attinge sia dal passato che dalle nuove tendenze, per questo si è avvalso di ospiti come Joel Kosche (chitarrista Collective Soul), Joe Franco (Twistes Sister, Magellan), l'ex Kansas David Ragsdale e il contributo di Michael Romeo (Symphony X) che ha curato l'orchestrazione di 3 brani. L'opener "Rise" è un prog metal di stampo tecnologico con slanci vocali e strumentali molto aggressivi e drumming molto sostenuto (avete presente "6 o'clock" dei Dream Theater?), nella successiva titletrack Walsh torna a regalarci le magiche atmosfere melodic rock degli ultimi Kansas (in particolare di "In the spirit of things") con tanto di interludio orchestrale-sinfonico, "Davey and the stone that rolled away" e "Keep on knockin" sono due esempi di hard rock massiccio ed energico che vede in gran risalto le chitarre e chiama in causa più Molly Hatchett che i Kansas (di suo Walsh ci mette le solite orchestrazioni a metà brano in "Davey" ed un catchy refrain corale che dal vivo può servire a scaldare l'audience al ritmo di "Keep on knockin'"), si passa all'acustica "Pages of old" che Walsh canta con voce quasi soffusa e nella seconda parte cerca di animarsi con sottili e smorzate orchestrazioni,un brano semplice e poco interessante almeno per chi già sa che Walsh in questo campo ha fatto molto meglio, "Hell is full of heroes" è un altro pezzo hard rock infarcito di drum machine, ritmi techno-dance e tribali (sì, avete capito bene) nei quali si cerca invano di inserire brevi parti orchestrali (notevole comunque il dirompente break centrale strumentale), fortuna che "After" ci riporta sulla "road to Kansas": la parte iniziale strumentale ricorda molto "Musicatto" (da "Power"), poi un saggio di maestoso symphonic rock e improvviso cambio verso il prog metal (il tutto in poco più di 2 minuti), quindi si cerca di avventurarsi ancora verso sonorità più moderne (ancora qualche ritmica techno e drum machine) per arrivare ad un finale con il ritorno alle sontuosità del symphonic-majestic rock che accompagnano le vette più alte del cantato di Walsh, ancora dolcezza e tanta melodia nel brano che conclude degnamente il cd, "The river" che riconsegna il Walsh più classico e passionale e non ci fa mancare neanche il gran finale corale.
L'operazione tentata da Walsh va ammirata per aver messo in mostra una diversità di stili e generi proposti, ma purtroppo non credo possa essere pienamente accettata dalla maggior parte dei suoi fans, se invece siete curiosi di sentire i progressi fatti dal frontman dei Kansas dal punto di vista vocale e compositivo, benvenuti a tutte le sorprese che vi saprà dare "Shadowman".
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