Arrivano da quella apparentemente inesauribile miniera europea di talenti musicali che è la Scandinavia, si chiamano
Cruzh e trattano la materia melodica con spiccata sensibilità, in una maniera sicuramente apprezzabile da chi coccola quotidianamente il suo apparato
cardio-uditivo con dosi massicce di Stage Dolls, Bryan Adams, Toto, Def Leppard, Skagarack e REO Speedwagon.
Con un passato nei viziosi vicoli del
glam (sotto la denominazione TrashQueen, da cui arrivano
Anton Joensson e
Dennis Butabi Borg), gli svedesi emendano i loro “peccati” attraverso una miscela sonora piuttosto raffinata e vellutata, capace all’occorrenza di sfoderare un misurato fervore
anthemico, senza però mai eccedere in particolari spigolosità.
Insomma, se vi piacciono le armonie cristalline soffuse di una forma di elettricità discreta e avvolgente, “
Cruzh” è sicuramente un lavoro destinato a soggiogare i vostri sensi e questo anche se il pur suggestivo
songwriting della
band non riesce a mantenere lo stesso
standard qualitativo per tutta la durata dell’albo.
Sono sicuro, infatti, che saranno sufficienti l’elevata caratura emozionale e lo spirito
radiofonico evoluto di “
In n’ out of love” e “
You”, l’intenso romanticismo di "
Stay” e “S
traight from my heart” o ancora gli impulsi (garbatamente) dinamici di "
First cruzh”, "
Aim for the head” e "
Survive” per far assorbire agli estimatori del genere, e senza troppe apprensioni, i momenti maggiormente interlocutori del programma, comunque mai espressamente molesti o fastidiosamente insipidi.
Un buon disco di
melodic rock per un gruppo parecchio competente e promettente, per una volta privo di precedenti particolarmente consistenti e “illustri” … senz’altro una buona notizia in ottica di un’adeguata “prosecuzione della specie” …
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