Davvero rimarchevoli i cambiamenti in casa
Nightmare, con un solo superstite della formazione che aveva preso parte all'esordio "Waiting for the Twilight" (uscito per la Ebony nel lontano 1984): il bassista
Yves Campion. Ma dobbiamo registrare dei cambiamenti anche rispetto al ben più recente "The Aftermath", uscito solo un paio di anni fa, infatti, se ne sono andati entrambi i fratelli Amore sostituiti dal batterista
Olivier Casula e dalla cantante belga
Magali Luyten, che aveva collaborato con i
Nightmare in occasione di "The Burden of God" (cantando su "The Dominion Gate (Part III)") e già incrociata nei Beautiful Sin e soprattutto su "01011001" del progetto Ayreon.
E se già la scelta di puntare su una vocalist femminile ha rappresentato un gran cambiamento, un altro altrettanto evidente lo dobbiamo registrare sotto il profilo musicale, con i
Nightmare che sembrano aver voluto spazzare via il passato, troncando definitivamente le radici che ancora li legavano ad un più classico Heavy Metal a favore di suoni che si sono fatti maggiormente più thrashy, corposi e moderni, come ben testimonia l'opener "
Infected".
Forse non sarebbe stato male fare anche un cambio a livello di nome, così da sottolineare la volontà di intraprendere un percorso nuovo, invece di rimanere legati a tanto ingombranti trascorsi. Ad ogni modo, "
Dead Sun" nel suo complesso non suona affatto male, "
Red Marble & Gold" con il suo dinamismo e variazioni offre i momenti migliori dell'album, mentre "
Of Sleepless Mind", "
Ikarus" e la stessa titlletrack hanno nei refrain ariosi, che cozzano contro le ritmiche martellanti, il proprio asso nella manica. Niente male anche le energiche "
Seeds of Agony", episodio in crescendo per quanto poi guardi fin troppo al songbook di gruppi come Masterplan o Brainstorm, e la speedy "
Serpentine", dove
Magali Luyten duetta con il cantante
Kelly Carpenter (Beyond Twilight, Darkology e da poco anche negli Adagio).
Certo, qualche passo falso non manca all'appello, con "
Indifference" che ogni tanto zoppica nel suo fluire lento e quasi doomeggiante, oppure in occasione di "
Inner Sanctum" e della conclusiva "
Starry Skies Gone Black", brani che oltre a consolidare una sensazione di "già sentito" risultano un po' posticci e raffazzonati.
I "nuovi"
Nightmare ottengono tutto sommato dei risultati superiori rispetto al precedente "The Aftermath", ma facendolo si allontanano ulteriormente dai "vecchi"
Nightmare.
Forse è proprio questo il loro intento.
I was born to
reviewHear me while I
write... none shall hear a lie
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