Esistono al mondo davvero poche band che possono dire di aver composto in carriera solo dischi eccellenti. E non dico sufficienti eh, parlo proprio di dischi eccellenti, dal 7.5 in su tanto per intenderci, oh voi che amate così tanto il numerino qui a fianco. E ovviamente non parlo di band con giusto un paio di lavori all’attivo, dato che la statistica conta.
Beh gli
Insomnium, all’alba del loro settimo disco, possono dire di aver raggiunto questo notevole traguardo e, con “Winter’s Gate”, di aver prolungato la striscia vincente di un’altra unità.
Un’unità che a tratti stona con le altre facenti parte dello stesso insieme, come un’unica, splendida perla di un nero brillante infilata in un bracciale di perle bianche e grigie. Sì perché questo nuovo lavoro della band finlandese è quanto di più distaccato dal resto della discografia abbiano mai osato fare, seppur mantenendo gran parte dei segni distintivi che li hanno caratterizzati in questi ormai 20 anni di carriera. Se gli ultimi due album avevano visto infatti una virata netta verso la componente melodica del sound degli Insomnium, questo “
Winter’s Gate” vedere un “ritorno” alle atmosfere più puramente black e doom degli album centrali della discografia finnica, “Above the Weeping World” e “Across the Dark”, esasperando però questi aspetti all’inverosimile, inglobando in un mare di pece gli spiragli melodici e trasudando bitume da ogni nota.
E’ vero, qualche momento in cui la luce cerca di riappropriarsi delle tenebre c’è: una chitarra acustica qua, due paroline là, un brevissimo intermezzo laggiù..ma sono meno di fuochi di paglia, flebili fiammelle in un oceano di oscurità e gelo artico. Le ritmiche sono puramente black, con un lavoro grandioso della coppia
Sevanen-Hirvonen, supportate in maniera eccelsa da linee vocali ferine e potenti, sempre a metà tra il growl e lo scream. La melodia di fondo va detto che non manca mai, con le chitarre di
Friman e
Vanhala a dirigere l'orchestra, ma è davvero solo uno sfondo delle vicende di Sigurd, di suo figlio Arbjorn e degli altri norreni sbarcati in Irlanda alla ricerca dell'oro. Quello che troveranno però è solo la morte, per mano di fameliche e tremende creature figlie dell'Inverno, trama di un racconto breve scritto dallo stesso
Niilo Sevanen e diventato base per questo concept, trasformato in musica grazie ai suoi compagni d'arme e al solito, grandioso apporto dell'ormai immortale Dan Swano.
Spaccare i 40 minuti (perfetti) dell’unico brano componente il disco sarebbe piuttosto inutile dal punto di vista prettamente musicale, data la natura stessa del lavoro che gli Insomnium hanno creato, anche se una suddivisione dettata dagli intermezzi più “soft” può essere fatta e comprenderebbe 5-6 brani, a seconda che si voglia considerare il “cantico” finale un brano a sé stante. Parlerei più di momenti, di atti, come di pièce teatrale messa in scena su una banchisa artica, circondati esclusivamente dall'oscurità e dallo sciabordìo delle acque.
E in questo è assolutamente perfetta ed evocativa la copertina di Teemu Tahkanen, che racchiude nelle semplici tonalità del bianco, del nero e del grigio tutto l'animo del disco: una montagna di ghiaccio a rappresentare una mente umana, circondata da acque nere e perigliose, di fronte a cui campeggia la Porta dell'Inverno, che durante le stagioni calde tiene il mondo al riparo dalle bestie e dalle mostruosità che invece affollano il periodo più freddo.
La morte come unica compagna, la morte come fine di un viaggio e contemporaneamente inizio. I 40 minuti iniziano e finiscono col rumore del mare d'inverno, che col suo freddo abbraccio inghiotte rumori e suoni, in un ideale Uroboro.
E,come l'Uroboro, infinito è il piacere che si prova ascoltando “
Winter's Gate”, assaporandolo secondo dopo secondo e abbandonandosi al suo piacere in un eterno circolo vizioso. Non ricominciare l'ascolto alla fine dei 40 minuti è impossibile e finirete col sentirvi novelli Ulisse in balìa del canto delle Sirene.
Insomnium ancora una volta infallibili, pur osando. E' il sintomo che siamo di fronte a una band matura, una band importante, una band ENORME, come la Porta dell'Inverno da cui fuoriescono gli oscuri mostri della nostra mente.
Quoth the Raven, Nevermore..