Epica. Un nome che collegherò per sempre alla lavata più atroce che mi sia mai preso in vita, durante un concerto degli olandesi in quel dell’idroscalo, ormai 8 anni fa. La band capitanata da
Simone Simons e
Mark Jansen era allora solo al terzo disco in carriera e non era ancora nel gotha del symphonic metal, ma insomma qualcosa aveva già dimostrato.
8 anni, 3 dischi e qualche cambio di line-up dopo (l’ultimo quello di
van Der Loo per Huts nel 2012, appena dopo l’uscita di “Requiem for the Indifferent”) gli Epica ci presentano in questo 2016 la loro settima fatica discografica, intitolata “
The Holographic Principle”.
Da Wikipedia:
“In fisica, il principio olografico è una congettura riguardante la gravità quantistica, proposta da Gerardus 't Hooft e sviluppata da Leonard Susskind, secondo cui l'intera informazione contenuta in un volume di spazio può essere rappresentata da una teoria che si situa sul bordo dell'area esaminata.”Che ci abbiate capito qualcosa o meno, gli Epica per questo nuovo disco prendono esempio dai Nightwish e si buttano sulla fisica, intavolando un concept basato non esclusivamente su una storia a sé stante quanto piuttosto sul concetto, nel verso senso del termine, sul quale viene costruito un futuro non troppo lontano, un mondo a metà tra l’utopico e il distopico, in cui le notevoli scoperte scientifiche fanno nascere nell’uomo ancor più domande che risposte, in un incrocio ideale con alcune tematiche terribilmente odierne.
Detto questo, musicalmente siamo di fronte a un ritorno a sonorità maggiormente sinfoniche, in particolar modo nei cori e nei controcanti, dettaglio stilistico che si era un po’ perso nell’ultimo “Quantum Enigma”, decisamente più orientato alla pesantezza, nel senso parimenti buono e cattivo del termine. Le voci di Simone e Mark sono molto ben bilanciate, alternando momenti tranquilli a sfuriate tipicamente death. La stessa Simons sembra aver accantonato parzialmente i gorgheggi lirici, che presi in maniera eccessiva contribuivano ad appesantire eccessivamente alcuni pezzi, a favore di una vocalità maggiormente power, sinfonica, al limite del radio-friendly, avvicinandosi spesso nell’approccio a Sharon Den Adel dei Within Temptation.
Dal punto di vista meramente tecnico invece c’è un ritorno alle complessità quasi prog di “Requiem for the Indifferent”, in particolare in alcuni tra i brani più lunghi (e sono parecchi), ben bilanciato però da quella componente maggiormente death che caratterizzava “Quantum Enigma”. Ecco, forse proprio l’eccessiva lunghezza del disco è l’unica nota stonata della produzione degli olandesi, che in alcuni punti stiracchia un po’ le maglie e finisce con l’attorcigliare il tessuto dello spazio-tempo su sé stesso.
E a proposito di produzione e missaggio, assolutamente perfetta in ogni suo dettaglio. Cori, orchestra, bilanciamento ineccepibile degli strumenti e della voce. Inutile che vi dica che c’è dietro il solito Jacob Hansen, vero? Il miglior produttore del mondo, di due spanne sopra tutti, Mularoni a parte. Bellissima è anche la copertina a cura di Stefan Heilemann, già collaboratore degli Epica e di altre band tra cui Kamelot e Rhapsody.
“
The Holographic Principle” rappresenta insomma l’ennesimo episodio ben riuscito di una carriera che non ha finora mai visto topiche risonanti e che vede gli
Epica tra le band ormai più riconosciute e celebri del panorama metal mondiale. Tenendo conto che gli olandesi anche in sede live non hanno mai deluso, almeno il sottoscritto e nonostante la pioggia, non posso che prevedere un futuro altrettanto radioso.