C'erano riusciti gli Eveline, in Italia, a s-provincializzare e s-personalizzare l'immaginario del microcapolavoro rock post-moderno.
Anche gli Istvan implementano simili gesta.
La capacità di estroflettere il capolavoro intrinseco all'umano, per renderlo accessibile, è di nuovo salva.
La minuta band romagnola ci delizia con semplicità doom e pregnanza minimalista. La musica, pressochè strumentale, evoca spazi: svuota i mezzi-pieni e riempe di Vuoto il vuoto.
I nostri (s)muovono dalla mistica di Sibelio per ritrovarsi in una periferia dell'esistente (...(...solo mentale!
Riescono meglio quando si arpeggiano a materiali naturali come legni e fuochi.
Emerge un'arte retrospettica, altrove rara.
Sorseggiate queste V dimensioni, dell'omonimo lavoro, senza pretendere alcunchè da voi stessi: tutto accade!
Vedrei, benissimo, i 3 dirigere un seminario, sordo e muto, ove tutte le persone riunite suonino per un più alto andazzo
seduti in fondo alla valle
Un abisso chiama l'altro
L'abisso della mia anima chiama sempre a gran voce
L'abisso di Dio: dimmi, quale è più profondo? (I, 68)
Ogni cosa al suo posto
Sta l'uccello nell'aria, la pietra sul suolo,
Vive nell'acqua il pesce, il mio spirito nelle mani di Dio (I, 80)
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