Quella dell’ottimismo non è certo una delle prime caratteristiche che gli amici mi attribuirebbero; eppure mesi orsono, scrutando lo strepitoso artwork di copertina realizzato da
Olia Pishchanska, mi sono ritrovato a pensare:
“
Il nuovo Hail Spirit Noir sarà un GRANDE album!”
Ebbene, sono lieto di annunciare ai nostri cari lettori che l’inusuale slancio di fiducia non è rimasto tradito. In effetti, dopo numerosi ascolti posso conferire senza tentennamenti a “
Mayhem in Blue” la qualifica di GRANDISSIMO album.
Lo ammetto: la proposta dei greci da sempre esercita un fascino magnetico sul sottoscritto, che continua a considerare “
Oi Magoi” uno dei dischi più affascinanti ed ispirati degli ultimi anni.
Il terzo full partorito da
Theoharis e soci,
deo gratias!, esplora una volta ancora impervi territori di frontiera musicale, spingendosi se possibile ancora oltre ed inglobando nel proprio
avantgarde dal forte tasso psichedelico retaggi
prog rock,
jazz,
hard seventies e
black metal.
Una volta ancora, dunque, ci troviamo di fronte ad un prodotto fieramente
sui generis, già a partire dal lavoro svolto in sede di produzione:
Dimitris Douvras (
Rotting Christ) e
Alan Douches (
Chelsea Wolfe,
Motörhead), rispettivamente in sede di
mixing e
mastering, si sono superati, e hanno saputo confezionare una veste sonora dalla foggia pregiata, originale, perfettamente bilanciata nelle sue molteplici sfaccettature.
Il talento dei musicisti ha fatto il resto.
“
Mayhem in Blue”, giusto per mettere le cose in chiaro, è suonato in modo magistrale ed arrangiato con un gusto ed una raffinatezza davvero rari -per inciso: il tastierista
Haris è un genio-. Ciò che più conta, nelle sei tracce che animano il platter viene impartita una lezione di eclettismo compositivo impressionante e preziosa. Preziosa nella misura in cui dimostra come mescolare le influenze più disparate e -apparentemente- stridenti senza mai smarrire il bandolo della matassa, svilire il calibro emotivo o cedere all’autoreferenzialità.
Così, vi accorgerete con sgomento che in “miseri” 40 minuti sono state fagocitate, riadattate e mescolate le sonorità di
Ihsahn,
Pink Floyd, ultimi
Solefald,
The Doors,
Oranssi Pazuzu,
Enslaved,
Hawkwind, con un tocco di colonna sonora alla
Riz Ortolani (anche se non credo lo conoscano)… e nonostante ciò tutto suona inequivocabilmente, magnificamente
Hail Spirit Noir.
Niente male, per quel che mi riguarda.
Ogni pezzo meriterebbe menzione ed approfondita disamina:
- le scorribande
prog / psichedeliche (?) della
title track e della conclusiva “
How to Fly in Blackness”;
- le sperimentazioni
avant /
tribal (??) di “
The Cannibal Tribe Came to the Sea”;
- gli ibridi
seventies rock /
black (???) di “
I Mean You Harm” e “
Riders to Utopia”;
- il melting pot acustico / circense (????) di “
Lost in Satan’s Charms”…
… ma così facendo vi toglierei il bello della scoperta.
Mi limiterò quindi a porgere sentiti complimenti alla
Dark Essence per essersi accaparrata i servigi di una compagine particolarissima e tutt’altro che nota al grande pubblico, ma seconda a pochi in termini di caratura artistica.
Concludo con un consiglio: fatevi un piacere ed accaparrateveli anche voi.