Ancora? Basta vi prego, non ne posso più, sono davvero a un passo dallo sfinimento psicologico da
NWOBHM revival. Ormai escono quasi soltanto gruppi dediti a riproporre i bei tempi andati e si vede che lo fanno con tutta la buona volontà, visto che oltre allo stile riescono a clonare perfettamente anche i suoni degli anni 80. Come se il mondo si fosse fermato e avesse deciso che era quello il tempo giusto per dire basta all’evoluzione tecnologica. Come è ovvio che sia i suddetti musicisti non usano gli smartphone, viaggiano su automobili d’epoca, non sanno neanche cosa siano YouTube e Facebook e registrano tutto in analogico e rigorosamente su vinile. La coerenza è una bella virtù, non c’è niente da dire.
Questo sarebbe stato il mio sfogo se dopo il primo ascolto di
“Fear No Evil” non avessi dato uno sguardo alla storia dei
Quartz, gruppo totalmente ignoto al sottoscritto, che invece esiste da quasi 40 anni (!!!) pur avendo pubblicato soltanto tre album dal 1977 al 1983 insieme a una marea di singoli e qualche live. Inglesi di Birmingham, città di una bruttezza indefinita, i nostri tornano alla carica in formazione quasi originale vista la scomparsa recente del cantante
Mike Taylor, degnamente sostituito da
David Garner e ci propongono 50 minuti di heavy metal britannico che più non si può.
Dopo la reunion nel 2011 e svariati concerti in giro per l’Europa, hanno deciso di buttare giù un po’ di materiale nuovo e registrare un altro album, seppure con scarse risorse economiche come confessa il chitarrista
Mick Hopkins e come si può vagamente intuire dalla scarna copertina e dalla produzione abbastanza casalinga.
Non mi aspettavo alcun tipo di sorpresa, anzi, temevo che dopo tanto tempo di inattività il risultato potesse essere peggiore, ma la time machine è riuscita a riportare i
Quartz indietro negli anni 80 senza inquinarli con pericolose contaminazioni moderne. Oggi sono esattamente quello che erano nel 1983 dopo la pubblicazione del terzo lavoro intitolato
“Against All Odds” che alle sonorità sabbathiane degli esordi aveva aggiunto una discreta componente hard rock. L’opener e title track potrebbe trovarsi su uno qualunque dei dischi dell’ondata NWOBHM mentre la successiva
“Rock Bottom” è una vibrante canzone in bilico tra
UFO e
Rainbow. Si prosegue così tra momenti più dark in cui si sentono prepontemente i
Black Sabbath primo periodo come in
“The Stalker” e
“Born To Rock The Nation” e passaggi in cui i nostri giovani virgulti si cimentano in un canonico heavy metal che ricorda
Saxon, Angel Witch, Diamond Head e tutta l’allegra brigata degli eighties.
“Fear No Evil” è sicuramente un disco onesto e suonato con competenza e passione, in cui non si avverte in alcun modo la rincorsa al denaro facile né tanto meno il tentativo di accalappiare nuovi fans aggiungendo elementi contemporanei al sound. E’ esattamente come se fosse uscito nel 1985. Non è un capolavoro e non porterà la gloria eterna ai
Quartz, ma posso affermare con assoluta certezza che riesce a superare in scioltezza gran parte delle band di ragazzini che non si sa per quale motivo assurdo vogliono sembrare vecchi nel 2016 e che invece dovrebbero soltanto andare a lezione da questi vecchietti e imparare a suonare come si deve.
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