Copertina 5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:65 min.
Etichetta:Frontiers Music

Tracklist

  1. RESURRECTION
  2. WHEN ALL FALLS AWAY
  3. A MOMENT IN TIME
  4. THROUGH THE NOIZE
  5. LEFT FOR DEAD
  6. MILES AWAY
  7. HEALING MY WOUNDS
  8. THE FIGHT
  9. TAKING ON THE WORLD
  10. INVINCIBLE
  11. A SMEAR CAMPAIGN
  12. WHICH SIDE YOU’RE ON
  13. INTO THE HANDS OF THE WORLD
  14. LIVE FROM MY MACHINE

Line up

  • Geoff Tate: vocals, keyboards, saxophone
  • Kelly Gray: guitars, bass, vocals
  • Scott Moughton: guitars, keyboards
  • Randy Gane: keyboards
  • Dave Ellefson: bass
  • John Moyer: bass
  • Simon Wright: drums
  • Scott Mercado: drums
  • Brian Tichy: drums
  • Tim “Ripper” Owens: vocals on “Taking On The World”
  • Blaze Bayley: vocals on “Taking On The World”
  • Mark Daily: vocals
  • Nick Greatrex: guitars

Voto medio utenti

Se non fosse per il senso di profonda amarezza arrecato dall’ascolto (prolungato) del disco, ci sarebbe da sorridere constatando l’ironia inconsapevole con cui Geoff Tate intitola questa seconda prova dei suoi Operation: Mindcrime.
Parlare di “resurrezione”, con un passato come quello di Tate e dopo il “pasticciaccio brutto” (per dirla alla maniera di Gadda) di “The key” (senza parlare di “King & thieves”, “Dedicated to chaos” e “Frequency unknown”), vorrebbe dire ammettere i propri errori e ritornare sulla “retta via”, mentre in “Resurrection” assistiamo a una prepotente manifestazione di coerenza, con tutti i limiti espressivi insiti in una scelta del genere.
Coraggio, volontà di sperimentazione, tenacia nel sostenere le sue idee senza subire condizionamenti “esterni”, sono aspetti che rendono il cantante americano un artista “tutto d’un pezzo”, incapace però di trasformare tanta determinazione e integrità in una proposta musicale consistente, convincente e appagante, assecondato nell’impresa da un talento che forse a questo punto si è irrimediabilmente esaurito.
L’opera è un altro guazzabuglio di suoni parecchio confusi, che, partendo da brandelli dell’intoccabile storia del nostro (espandendo altresì i temi socio-politici del capolavoro assoluto dei Queensryche da cui il gruppo in questione mutua, impunitamente, il suo monicker ...), vorrebbero essere innovativi e invece finiscono spesso per lambire la soglia della molestia.
Alla fine non c’è molto da salvare … la voce Bowie-esca di Geoff, ridimensionata nell’estensione ma sempre formidabile per carica interpretativa e carisma, e qualche brano tutto sommato accettabile (“Left for dead”, la bella “The fight”, “Invincible” e, in taluni spunti, la cangiante “A smear campaign”), all’interno di un panorama compositivo ed espositivo abbastanza desolante e sconfortante.
Da rilevare, inoltre, la presenza di Tim “Ripper” Owens e Blaze Bayley in “Taking on the world”, per una sorta di club di “nobili decaduti della fonazione modulata” impegnato in una prova di discreta efficacia complessiva.
Non mi sento di aggiungere altro … di fronte a tali scempi, probabilmente l’atteggiamento migliore è il silenzio, anche per onorare in qualche modo l’enorme debito di riconoscenza che nutro nei confronti dei “veri” Queensryche … altro che “Resurrection” … “resignation” sarebbe stato certamente un appellativo più confacente al mio attuale stato d’animo.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 24 ott 2016 alle 07:16

Ho sempre difeso Tate (e all'epoca i Queensryche) fin dai tempi di "Hear in the Now Frontier". FIno a quell'oscenità di "Dedicated to Chaos", tutte le vicende umano/legali che sono succedute. Il moscio e insipido "Kings & Thieves", il frettoloso e in alcuni punti imbarazzante "Frequency Unknown"... Il precedente "The Key" era insipido con soli quattro pezzi che riuscivo a salvare. Dal vivo la band aveva di contro dimostrato una coesione e potenza che mi aveva fatto ben sperare in una ripresa, anche se essendo questo "Resurrrection" il proseguo del precedente c'era poco da illudersi. E infatti anche qua ci si trova di fronte ad un disco che non si capisce dove voler andare a parare. Sempre con una produzione inadeguata per il "genere"(?) che vorrebbero proporre (Prog e qui la componente è decisamente più marcata), con un suono piatto e asciutto, con quell'uso (abuso) di filtri e cori sulla voce che rende ancor meno chiare le intenzioni melodiche del cantato. I brani, convengo in tutto e per tutto con il recensore, solo i quattro succitati sono degni di attenzione, dove proprio il singolo con l'inutile partecipazione di Owens e Bayley, che risulta essere l'unico episodio rock quasi metal con un tiro più deciso sa destare dal torpore. Left For Dead è bella ed è un peccato che insieme ad "Invincible" e "The fight" siano gli unici episodi degni di essere ascoltati (non capolavori sia intesi). In finale questo disco è un pelino migliore del precedente, ma siamo lontani ancora dal poter salutare il ritorno a dei fasti degni del buon Tate.

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