Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:69 min.
Etichetta:Frontiers
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. FAITH IN THE HEARTLAND
  2. THE PLACE IN YOUR HEART
  3. A BETTER LIFE
  4. EVERY GENERATION
  5. BUTTERFLY (SHE FLIES ALONE)
  6. BELIEVE
  7. KNOWING THAT YOU LOVE ME
  8. OUT OF HARMS WAY
  9. IN SELF-DEFENSE
  10. BETTER TOGETHER
  11. GONE CRAZY
  12. BEYOND THE CLOUDS
  13. IT'S NEVER TOO LATE (BONUS TRACK)

Line up

  • Steve Augeri: vocals
  • Neal Schon: guitars, vocals
  • Deen Castronovo: drums, vocals
  • Ross Valory: bass, vocals
  • Jonathan Cain: keyboards, vocals, guitar

Voto medio utenti

Probabilmente era destino che alla fine accadesse … che un’etichetta musicale il cui nome stesso, con tutta probabilità, rappresenta una sorta d’atto di “devozione” nei confronti di uno dei miti fondamentali del rock melodico americano, arrivasse un giorno (dopo la precedente collaborazione per la distribuzione dell’Ep “Red 13”), grazie a competenza, perseveranza, dedizione ed impegno nel sostenere un suono “difficile” come questo, a pubblicare un lavoro sulla lunga distanza dei suoi amatissimi idoli.
Presumibilmente si dovrebbe parlare, nel commentare quest’evento, di “fredde” logiche e regole di mercato o di business, ma preferisco crogiolarmi nell’idea “romantica” del raggiungimento di un “sogno” lungamente inseguito e finalmente raggiunto, una forma di ”speranza” per tutti quelli che continuano a credere in progetti apparentemente difficilmente realizzabili e che non si lasciano scoraggiare dalle difficoltà.
Analizzare il disco di una band clamorosa come i Journey, non a caso costantemente citata come modello in tutte le recensioni d’AOR e i cui capolavori sono al momento ancora praticamente insuperati nel genere, non è mai una cosa facile: da un lato la spinta emotiva del fan che “vuole” a tutti i costi non essere deluso, dall’altra una carriera talmente “enorme” da pesare come un vero macigno nella comparazione con i nuovi lavori, sono aspetti che rischiano di minare l’obiettività di qualunque “scribacchino” e che sono stati spesso causa di “imbarazzo” anche per giornalisti ben più blasonati del sottoscritto (la casistica in questo senso non manca affatto).
Con questi presupposti, arriviamo, dunque, a questo “Generations” prodotto con misura ed abilità da Kevin Elson (già artefice del sound di “Escape”, “Departure”, “Frontiers” e del live “Captured”), un disco che nel suo titolo si vuole riferire alla fedeltà e alla “continuità” dei fans attraverso le generazioni, comprese quelle più “nuove”, nel corso di una carriera ormai trentennale.
Appassionati che non potranno non gioire ascoltando lo splendore cristallino di “Faith in the heartland”, la quale, dopo un intro molto tipico, conferma (spazzando via in un solo colpo tutte le presunte difficoltà di “valutazione”) che i Journey sono ancora i maestri incontrastati nel collocare, all’interno di disposizioni compositive sfavillanti, trame armoniose ed evoluzioni emotive sottolineate dall’incedere di maestose pulsazioni ritmiche, sulle quali si ergono le modulazioni dolci ed energiche di Steve Augeri, che non sarà Perry, ma conosce altrettanto bene l’arte del feeling e si destreggia sul pentagramma con un’incredibile dovizia, agevolmente comparabile a quella del suo portentoso predecessore.
“The place in your heart” e il suo coro immediatamente catalizzante, convalida gli eccelsi connotati dell’opener, offrendo un vero showcase delle doti interpretative di Augeri e della magica chitarra di Schon, sempre grandioso per gusto cromatico e sensibilità esecutiva; chiunque abbia amato “Frontiers” (l’album, ovviamente) non potrà non riscontrare in questa traccia i segni vitali di quel lavoro.
I signori dell’AOR amano anche stupire ed ecco che pur avendo in squadra una voce strepitosa come quella dell’ex Tall Stories, vogliono offrire l’opportunità a tutti i componenti della band di essere dei “frontmen”… Un azzardo? Un “vezzo” da “annoiati” artisti affermati? Assolutamente no (tra l’altro si tratta, a quanto pare, di un’opzione già sperimentata con successo dal vivo) ed è sufficiente ascoltare il sorprendente Castronovo intonare l’appassionante ed atmosferica “A better life” (chissà che non abbia abbandonato, dopo il primo coinvolgimento, i magistrali Soul SirkUS proprio per prendere lezioni di canto!) per accorgersene immediatamente: la voce di Deen è splendida e l’inebriante e delicato assemblaggio sonoro del brano ammalia all’istante, illuminato ancora una volta dalla straordinaria conduzione chitarristica.
Con la rolleggiante e pianistica “Every generation”, è il keyboard player Cain a gestire le lead vocals con risultati piuttosto confortanti e, anche senza raggiungere il lirismo esibito dal suo drummer, Jonathan si disimpegna con bravura in un brano abbastanza avvincente, tra stratificazioni corali e il ricamo estroso della sei corde.
“Butterfly (she flies alone)” è una magistrale ballata non edulcorata dalla linea melodica esemplare, nella quale il singer “ufficiale” della band, sembra quasi voler ristabilire la propria leadership nel ruolo e tutti gli eventuali suoi detrattori saranno serviti a dovere grazie ad una prova densa d’intensità e trasporto.
Prerogative che ritornano anche nelle vocals lontanamente Plantiane di “Believe”, un altro buon episodio piuttosto riuscito nel suo tocco bluesy, ma leggermente meno efficace del lotto fin qui analizzato.
I meandri sinuosi della soffice “Knowing that you love me” riportano la mente all’acme passionale dei grandi numeri che, in questo campo, i Journey sono stati capaci di regalarci in passato (“Loved by you” presente su “Arrival” o meglio ancora, un nome su tutti … “Open arms” e scusate se è poco!), con la laringe di Augeri in grande spolvero.
Dopo un brano così “sognante”, i nostri sensi avevano bisogno di una “scarica elettrica” e cos’è meglio della stupefacente “Out of harms way”, per “materializzare” la scossa in questione? Il riff poderoso di Schon introduce una spettacolare melodia “fisica”, che s’arricchisce con la stentorea ugola del solito Augeri e con un’esaltante prova d’insieme, fino a bridge e chorus, ai quali è impossibile resistere e alla fantasiosa ed incalzante porzione musicale successiva (che l’influenza Soul SirkUS abbia avuto un qualche “peso” nella realizzazione del brano?) … grande!
I toni non si abbassano neanche con l’effervescente e vivace “In self-defense”, recuperata dal repertorio relativo all’esperienza di Neal con Jan Hammer, con il guitar player ad indossare anche i panni di plausibile vocalist e con il maestoso hard-rock deluxe di “Better together”, nuovamente convincente per tecnica strabiliante, impatto e coinvolgimento.
Non mancava che Ross Valory alla “prova del microfono” ed eccolo dimostrare le sue “ruvide” doti vocali nella scalciante “Gone crazy”, introdotta da una torrida armonica ed incalzata da una veloce parabola blues ‘n’ roll, tutto sommato parecchio apprezzabile, nonostante la sua “atipicità” in una situazione come questa.
La vena intimista e sentimentale ritorna nella squisita “Beyond the clouds” ed è un altro momento di sussulto per tutti quelli che nel petto hanno ancora un cuore che batte … “semplicemente” emozionante.
La versione europea prevede ancora la bonus track “It’s never too late”, cantata nuovamente dall’eccellente Castronovo e non pensiate che si tratti di un “riempitivo” o del classico “specchietto per le allodole” … siamo di fronte, viceversa, ad un ulteriore mirabile esempio di classe applicata al rock melodico, con un coro difficilmente dimenticabile.
Come già ampiamente illustrato nei precedenti “Arrival” e “Red 13”, la verve creativa, la capacità strumentale e la forza passionale dei Journey non sembrano essere state scalfite dal tempo e dagli avvicendamenti in line-up, con musicisti che appaiono ancora fortemente motivati e per nulla “ossessionati” dallo spettro del passato, con relativo compiacimento degli appassionati di “lungo corso” (ma anche di quelli meno “navigati”) che ritroveranno pressoché intatti i brividi adrenalinici che hanno contrassegnato le audizioni di ieri … certo che gli attacchi di “nostalgia”, per tanti motivi, sono ardui da sconfiggere, ma Schon, Augeri, Castronovo, Cain e Valory ce la mettono davvero tutta per favorirci in quest’operazione, non scacciandoli completamente, magari, ma andandoci “pericolosamente” vicini.
Per chi, poi, volesse “assaggiare” per la prima volta queste “prelibatezze”, si può iniziare anche da qui … del resto, “non è mai troppo tardi” per iniziare questo magnifico “Viaggio”!
Recensione a cura di Marco Aimasso

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