La carriera dei finlandesi
Burning Point è senza ombra di dubbio bella lunga. La band capitanata dal chitarrista ed ex cantante
Pete Ahonen ha all’attivo ben sei album che ovviamente diventano sette alla luce della pubblicazione del nuovissimo
“The Blaze”, uscito per
AFM Records e primo full completamente inedito per la cantante
Nitte Valo (ex
Battle Beast) dopo che la stessa aveva prestato la sua ugola sul precedente omonimo disco, che però conteneva solo quattro nuovi brani.
Questo del cambio di vocalist è in assoluto la novità più evidente rispetto al passato, dal quale non ci si sposta più di tanto se non appunto per la presenza di una donna dietro il microfono. Donna che, diciamolo subito, ci sa fare e che, a differenza delle tante (troppe) voci tutte simili che popolano il metal femminile, sfodera una prestazione fatta di potenza e adrenalina, facendo compiere al sound della band un deciso passo avanti. E vista la qualità canora di
Pete Ahonen onestamente non mi spiego come non abbiano fatto prima questa scelta. Misteri misteriosi.
Dicevamo come la proposta musicale del combo finnico non fosse mutata nel corso degli anni e che come era ampiamente prevedibile non sia
“The Blaze” l’album della svolta stilistica per i
Burning Point, che per rispettare la tradizione iniziata nel 2001 con
“Salvation By Fire” continuano imperterriti con il loro power melodico con sprazzi di class metal e sfumature di hard rock. E visto che non hanno mai avuto un grandissimo successo seguendo questa strada vanno assolutamente premiati almeno per la coerenza e la costanza, laddove altri avrebbero certamente cercato sentieri più redditizi.
Quello che salta all’occhio, anzi all’orecchio, è un discreto aumento della qualità media delle composizioni e degli arrangiamenti, oltre che come avevamo già detto, di tutto il lato prettamente vocale. Non ci sono canzoni che vorreste saltare a piè pari e questo è già un bene. Troviamo qualche passaggio un po’ più canonico come
“Master them All” e
“Time Has Come” o la eccessivamente Priestiana
“Chaos Is Rising” in cui la Valo si spinge forse troppo oltre. Abbiamo però anche degli ottimi momenti in cui sembra che la fiamma dell’ispirazione abbia acceso la creatività degli scandinavi. E’ il caso di
“Incarnation” o della power ballad
“My Spirit” che ricorda molto alcune cose fatte dai
Primal Fear. Per il resto siamo su quanto già proposto in passato, anche se il livello è sempre tendente verso l’alto pur senza mai superare la soglia della normalità. Un’ultima considerazione sulla cover che chiude
“The Blaze”. Si tratta di
“Metal Queen” della grande
Lee Aaron, una delle primissime donne che sono riuscite a ottenere un buon successo in ambito Hard’n’Heavy in tempi in cui erano vere e proprie mosche bianche. Una scelta che ho trovato azzeccata per il valore in sé della canzone e per quello dell’artista, forse un tantino controproducente visto che è superiore a molto di quanto fatto fino a oggi dai finlandesi.
Come è stato per i precedenti album, anche in questo caso le carte in tavole sono più o meno le stesse e se non avete mai apprezzato i
Burning Point difficilmente sarà questa la volta buona. Alla luce della loro discografia,
“The Blaze” rappresenta comunque un discreto passo avanti grazie all’entrata in pianta stabile di una cantante più che degna e di un generale aumento della qualità che potrebbe piacere. Dare un ascolto oggi come oggi non costa niente.
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