Copertina 6,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2016
Durata:56 min.
Etichetta:Self-Produced

Tracklist

  1. THE INQUISITOR
  2. TODAY I CRY
  3. FOLLOW THE SIGNS
  4. RAGE
  5. BETRAYAL
  6. THE LONELY OWL
  7. THE SINNER
  8. MAY I?
  9. SO WRONG
  10. O.P.S.
  11. MY SILENT HILL
  12. THE WEIGHT OF THE CROSS

Line up

  • Loic Conti: vocals
  • Stéphane Vignon: keyboards
  • Julien Gronnier: drums
  • Raphaël Treuil: bass
  • Sven Faucon: guitar

Voto medio utenti

I francesi Lost Opera giungono al secondo full-length con un po’ di esperienza in più e ambizioni sicuramente maggiori. Per buona parte finanziato dai fan della band, “Hidden Sides” è un semi-concept allegorico sulla dualità dell’indole umana che ogni giorno deve scendere a compromessi ed essere contemporaneamente “vendicatrice” e “inquisitrice”.

Trame cervellotiche a parte (che francamente non sono sicuro di avere colto appieno), i francesi propongono un metal sinfonico “male-fronted” (che per certi aspetti può ricordare i Kamelot) contaminato di sonorità che vanno dal death melodico allo speed-thrash, un mix non originalissimo che ha però il pregio di saper bilanciare con misura gli ingredienti senza voler strafare a tutti i costi.

Dopo l’introduttiva “The Inquisitor”, il combo punta su una non tiratissima ma incisiva e potente “Today I Cry”, dove si alternano cantati melodici e growl. È poi la volta dell’elaboratissima (pure troppo) “Follow The Signs”, a cavallo tra elettronica, nu-metal, momenti lirici, ritmiche groovy e stacchi orchestrali. “Rage” ha nel titolo la band di riferimento (periodo “Speak Of The Dead” per intenderci) e prelude all’accoppiata “Betrayal”/”The Lonely Owl”, chiaramente ispirata ai sopraccitati Kamelot. La breve e sinfonica “The Sinner” sfocia nella più progressiva “May I”, dal break speed, in totale contrasto con la successiva “So Wrong”, mid-tempo da headbanging furioso. “O.P.S.” rimanda al thrash/death, mentre l’insipida “My Silent Hill” sembra un lento degli Ivanhoe di inizio millennio. Chiude il cerchio “The Weight Of The Cross”, finale epicheggiante dalle tinte power.

Per concludere: un disco complessivamente onesto, che non cambierà la storia del genere ma che con molta probabilità piacerà agli onnivori del metal sinfonico.
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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