L’ennesima “sorpresa” dell’anno in fatto di
hard-rock “classico” risponde al singolare nome di
Captain Crimson e arriva, ma guarda un po’, da
Örebro, la piccola e antica città svedese epicentro dell’invasione nordica del genere.
Fondato nel 2010 dal cantante dei Blowback (altra formazione di ottimo livello …), il gruppo è in realtà al terzo
full-length e se, com’è accaduto al sottoscritto, nel
bailamme di uscite “vintage” ve li eravate persi, il mio suggerimento è di procurarvi al più presto una copia di questo “
Remind”, lavoro che inaugura la collaborazione con la prestigiosa
Small Stone Records.
Il quartetto scandinavo piace per la capacità di riadattare con gusto innato i dogmi del settore, senza stravolgerne la forma ed evitando al contempo di farli apparire forzatamente “datati”.
Il loro stile, che trae inevitabilmente ispirazione da colossi del calibro di Mountain, Led Zeppelin, The Groundhogs, Blue Cheer, Leaf Hound e Black Sabbath, riesce a convincere attraverso la forza imperitura dell’attitudine e del talento compositivo, condensati in un programma che coinvolge in maniera istantanea e duratura.
“
Ghost town” è un atto d’apertura che dice già molto delle notevoli qualità della
band …
groove hard-blues denso e imponente stemperato in una linea melodica fremente e incalzante.
Conferme di una cultura sufficientemente ampia e variegata arrivano dalle caligini e dal tocco
prog di “
Bells from the underground”, mentre “
Love street” e “
Drifting” riprendono la formula dell’
opener avvolgendola in un’avvincente atmosfera
anthemica.
Le cromature di “
Black rose” svelano il lato maggiormente “metallico” degli svedesi, “
Money” è un
bluesaccio notturno che piacerebbe a
Robin Trower e la
title-track, con le sue venature
soul e
southern, delizierà i sostenitori di Black Crowes e Aerosmith.
Per chi ama sprofondare ulteriormente nei suoni delle paludi arriva “
Let her go”, “
Alone” è dedicata agli estimatori delle elegiache ballate
folk (qualcosa tra
Zeps e
Johnny Cash), ma se cercate scosse adrenaliniche veramente telluriche, non rimane che affidarsi completamente a “
Senseless mind”, una bella “botta” degna dei migliori Cactus.
Non ancora in grado di sostituire i dimissionari Graveyard nel cuore dei tanti cultori del cosiddetto
northern hard-rock, i
Captain Crimson si candidano fin da ora per un ruolo di spicco nell’ambito dell’affollata scena musicale “neo-tradizionalista” e avvalorano la tesi che certe sonorità scatenano passioni troppo intense e radicate per potersi estinguere col trascorrere del tempo.
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