Già da qualche anno Bergen sta diventando un polo importante per quello che è l'universo progressivo (penso ai Major Parkinson, ai Seven Impale o ai Sahg). Accogliamo con gioia anche questi
Shaman Elephant, che già dal nome ci fanno capire di attingere a piene mani dal filone revivalistico che ha nel proto-prog di fine Anni Sessanta e in quello che ne è scaturito subito dopo le principiali fonti d'ispirazione.
La titletrack è un vero e proprio viaggio nel tempo: tra tastiere acide e cori lisergici, si respira quell'aria vintage che comunque non disdegna sonorità più energiche di scuola hard rock (Deep Purple in primis). Le atmosfere bucoliche in salsa heavy/psych e le melodie di memoria barrettiana di
"Shaman In The Woods" anticipano la meno riuscita
"IAB", tra indie e beat evoluto sulla scia dei Mars Volta meno cervellotici e degli Who più fracassoni.
"Tusco" è un bellissimo brano strumentale che attualizza la lezione di Soft Machine e Mahavishnu Orchestra aggiungendoci una componente romantica che sa di prog classico. L'elaborata
"The Jazz", nonostante il titolo, inizia come un brano sperimentale doomeggiante/crimsonico per evolvere in hard-blues più canonico, prima di un intermezzo a base di Mellotron e di una coda che riprende il mood iniziale enfatizzando le trame apocalittiche. La conclusiva
"Stoned Conceptions" parte soporifera, quasi "spaghetti western", per prendere una strada vagamente zeppeliniana che, di fatto, non sbocca da nessuna parte (la jam strumentale che segue è piuttosto insipida), lasciando un amaro senso di incompiutezza. Si poteva finire meglio...
"Crystals" è un album indubbiamente derivativo, ma la personalità della band c'è "forte e chiara", come, ad esempio, nel caso degli inglesi Purson (pur non toccando le vette del combo di
Rosalie Cunningham). Diciamo che come inizio non c'è male...
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