Un'oretta circa in compagnia del gothic metal atmosferico proposto da questo trio (ma già divenuto un sestetto, presumibilmente per poter affrontare in modo adeguato l'attività concertistica) mi fa ritenere con sempre maggiore convinzione che l'eventuale "rivitalizzazione" del genere è veramente un'impresa ardua e che probabilmente, a meno di attualmente imponderabili futuri sviluppi creativi, quest'operazione non vedrà i nostri ellenici come promotori o assoluti protagonisti.
Eppure i presupposti erano piuttosto favorevoli: un titolo stuzzicante frutto della contrazione grammaticale tra "Dark angel" e "Archangel", associato ad un'intrigante immagine di copertina (per un disco che, stando alle note promozionali, dovrebbe essere commercializzato in uno "... sbalorditivo digipack capace di togliere il fiato ...") e il coinvolgimento in fase di ri-masterizzazione di Sakis dei noti Rotting Christ, sono elementi e referenze che predispongono "benevolmente" all'ascolto di un Cd, ma purtroppo lo sfruttamento di schemi fortemente consolidati (chitarre, tastiere e alternanza tra voce femminile eterea e quella maschile dal timbro più basso ed aggressivo, rappresentano in modo rigoroso tutte le caratteristiche di un "plot narrativo" ormai davvero troppo abusato) conferisce ai brani di "Darchangel" un senso di "stanchezza" e monotonia piuttosto generalizzata o, per meglio dire, anche se essi magari riescono ad attrarre di primo acchito, scompaiono repentinamente dalla memoria senza lasciare traccia, riducendo in modo significativo il desiderio di sottoporsi ad una nuova audizione.
Esulano un po' da quest'impressione solo la "strategica" apertura denominata "Thoughts", le scorie dark-wave e le ambientazioni inquietanti di "Angel of darkness" o ancora le discretamente conturbanti "Come out, come out" e "Fading light", mentre per il resto abbiamo a che fare con composizioni troppo "scontate" per poter fare in qualche modo la differenza, in più per nulla agevolate dal timbro e dallo stile interpretativo di Elvira Mitraka, complessivamente accettabili, ma spesso oltremodo poco espressivi ed ordinari.
Troppo poco per poter aspirare ad un ruolo "sostanzioso" nella scena e nel mercato discografico corrente e pur senza essere clamorosamente deludenti, gli In Heaven offrono un prodotto da valutare non abbastanza convincente ed emozionante, anche volendo tener conto del fattore "inesperienza" tipico di un esordio.
Insomma, come si dice, "niente di nuovo sotto il sole" (anche se parlando di gothic sarebbe stato forse meglio utilizzare un'espressione più "oscura"), neanche quando si tratta di quello che illumina la straordinaria bellezza naturale della Grecia.
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