Torniamo con il secondo album di questo gruppo che continua il suo tentativo di sviluppare un connubio fra il metal progressive e sonorità più estreme.
Anche in questo caso, come nel precedente lavoro, si inizia quasi pacificamente con “
Another Sky”, una potente cavalcata che per la sua lunghezza riesce ad interessare senza spaventare. Lo stacco di chitarra al 3° minuto infatti prepara l’avvento del growl ma sembra quasi renderlo solenne e liturgico. Appare come una litania di parole che aumentano progressivamente fino all’apice nel quale più che la voce sono gli strumenti a dare carattere al brano.
Forse dopo questo pezzo sarebbe forse stato meglio inserire qualcosa di meno impegnativo, ed invece con “
Fire-Bellied” si vira verso un riff molto sabbathiano che muta articolandosi in maniera complessa e si riempe di parti vocali aggressive ed espressive per poi trasformarsi completamente con “
Outside The Skin”. In questi tre minuti infatti viene espressa tutta la vena melodica del combo.
Tuttavia, finisce presto e con
“Breach” ci si trova a dovere prendere in pieno viso tutta la forza della batteria, della voce e dei ritmi molto djent senza momenti di sosta ne filtri di sorta. Un brano che come un fulmine a ciel sereno non lascia margine di interpretazione all’ascoltatore.
Arriva però in ausilio “
Totality” che con il suo progredire lento ed atmosferico ipnotizza momentaneamente segnando il giro di boa dell’opera. Accordi di chitarra pieni e basso martellante stemperati solo dal ritmo quasi trascinato della batteria creano l’intro di quasi tre minuti. Dopodiché l’urlo introduce momentaneamente ad un bridge oscuro e tenebroso. Pura apparenza visto che subito dopo un coro quasi monacale accompagnato da un violino ed un piano malinconici spostano l’ascoltatore con una sorprendete armonia.
Nei nove minuti in ogni caso ritornano momenti più scuri e graffianti nei quali è la voce a fare da padrona e tale prerogativa si riscontra anche nella seguente “
Odium”. In quest’ultima magari la parte strumentale gode di maggiore risalto ed esposizione, ma sempre in sub-ordine alle linee vocali.
Dopo questo brano molto caratteristico, e per rinfrancare l’ascoltatore, si inserisce uno stacco di due minuti dove un piano solitario prepara la seguente canzone. Infatti “
Lysis” è perfettamente la continuazione di questo intro. Un brano esaltante e pieno di colpi di scena, potente e melodico, equilibrato e dove ogni strumento, compresa la voce, è perfettamente inserito come parte essenziale ma non esclusiva dell’insieme. Vi sono tratti di assolo veramente ispirati e che aggiungono quelle piccole particolarità che saltano all’orecchio.
“
The Last Resistance” ricalca, seppur con minor pregio, le stesse orme. La chitarra trascina molto bene e la parte ritmica di basso e batteria hanno per un momento forse la migliore sintonia di tutto l’album.
Il finale con “
Sunderance” viene affidato alla ottima e particolare capacità del gruppo di reinventarsi e mostrare innumerevoli lati. Percussioni e basso che scandiscono un ritmo lento, il violino che con le sue note acute rende struggente l’effetto e le voci che si abbracciano a formare un balletto emozionante.
Ancora una volta nello stesso album riescono a sorprendere positivamente e lasciano quindi l’ascoltatore basito e soddisfatto al contempo.
Nel complesso quindi un lavoro impegnativo, attento ai dettagli, molto personale e ben riuscito. Sicuramente non immediato e forse sottostimato, ma degno di essere ascoltato.
A cura di Pasinato Giovanni