Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:55 min.
Etichetta:Lion Music

Tracklist

  1. DESERT RAIN
  2. SOMEONE TO SAVE
  3. SILENCE
  4. THE HERCULEAN TREE
  5. LIGHTBULB LOVER
  6. PYRENE
  7. DRIFTING

Line up

  • Markus Tälth: guitar, vocals
  • Johannes West: acoustic accordion, electric accordion, vocals
  • Erik Arkö: bass, vocals
  • Kalle Björk: drums
  • Hjalmar Birgersson: keyboard, guitar, vocals

Voto medio utenti

Ma perché ci casco sempre? Uno legge "the best progressive metal to come out of Sweden since Seventh Wonder" e si fa mille trip del tipo: "wow ci sarà una voce da panico alla Tommy Karevik, degli intrecci strumentali gustosissimi, delle melodie che ti si piantano in testa e non escono più!". Macché, niente di tutto questo. Chiariamo subito: gli Structural Disorder (che ridendo e scherzando sono al loro secondo full-length) hanno tutta una serie di qualità apprezzabili come gli stacchi strumentali di scuola britannica (Haken su tutti), un certo gusto per le melodie non scontate, uno strumento musicale atipico come la fisarmonica, ma andarli ad accostare ai Seventh Wonder è quanto di più fuorviante si possa immaginare (e, a giudizio di chi scrive, nocivo per la band stessa). Detto questo "Distance" è un disco fatto di luci e ombre... Si parte alla grande con "Desert Rain" un concentrato abbastanza strutturato di buone idee che si perde un pochino con il sopraggiungere dell'inutile parte in growl. Si prosegue con "Someone To Save" (forse la traccia più riuscita dell'album), vicinissima, come già anticipato, ai territori Haken e con un godibile intermezzo di fisarmonica. "Silence" è un'occasione mancata, poteva essere una gran bel lento "accordion-driven" ma pecca di prolissità e autoindulgenza. "The Herculean Tree" mostra i primi segni di cedimento, con qualche idea mutuata dalle tracce precedenti (soprattutto nelle armonizzazioni vocali) e una struttura un po' caotica (sarà un voluto rimando al nome della formazione?). In "Lightbulb Lover" torna in primo piano la fisarmonica, purtroppo molto meno ispirata che in precedenza; rimane invece quel senso di caoticità a cui accennavo prima. "Pyrene", la traccia più lunga tre le sette proposte, è una mini-suite complessivamente ben scritta, con l'introduzione tematica del pianoforte che da' il via a tutta una serie di evoluzioni vocali e strumentali ben congeniate fino al crescendo finale (prendetela con le pinze, ma mi ha ricordato parecchio "Tubular Bells" di Mike Oldfield). Si chiude con "Drifting", un canonico commiato che ha nell'utilizzo incrociato del pianoforte e della fisarmonica il motivo di maggiore interesse. In conclusione il giudizio è sicuramente positivo: trovo i ragazzi ancora un po' "grezzi" ma le qualità non mancano di certo. Teniamoli d’occhio... Ah, e se state cercando i nuovi Seventh Wonder, mi raccomando, non cercateli qui!
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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