Bambini assenti e presenti, attenti!
(Courtesy of Cochi e Renato a “Quelli della domenica")
Oggi parliamo di “feeling”, e in particolare di quello trasmesso dalle note musicali, imprigionate in un dischetto di policarbonato e alluminio o in un archivio di dati in formato digitale.
Di quella “roba” insomma che quando ascolti una canzone ti rende euforico o malinconico, fa viaggiare la mente oppure carica il sistema nervoso di endorfine o di elettricità … in poche parole, ti emoziona e ti fa stare bene.
E quando questo succede, e in maniera piena e profonda, concetti come innovazione stilistica e “originalità”, diventano “quasi” secondari, sovrastati da impulsi sensoriali tanto intensi da eventualmente dominare anche la ragione.
Che
Jim Peterik sia un “pilastro” del
rock melodico è un fatto assodato, allo stesso modo in cui
Toby Hitchcock è ormai universalmente riconosciuto come uno dei grandi della fonazione modulata
adulta, e se la loro competenza e vocazione non era in discussione, ai
Pride Of Lions si chiedeva di emendare le pur minime flessioni emotive del precedente “
Immortal” e di riconquistare quel ruolo egemone apparentemente non più del tutto inattaccabile.
Ebbene, “
Fearless” è un autentico trattato accademico di passionalità, che non “ha paura” della “storia” del genere e la impregna di una vitalità rara, la quale, aggiungendosi a talento, classe, gusto, tecnica e magnetismo, rende il prodotto qualcosa di incredibilmente fascinoso e “taumaturgico”.
Un disco fatto di un “corpo” guizzante e di una “anima” sensibile, capace di conquistare immediatamente con una magniloquente
opener del calibro di “
All I see is you”, per poi accrescere ulteriormente la sua capacità catalizzante in pezzi che s’intitolano “
The tell”, melodrammatica e soffusa, “
In caricature”, spigliata e vaporosa, e “
Silence music”, semplicemente perfetta per vibrante tensione espressiva e travolgente forza empatica.
Non è facile proseguire nel programma dopo una “botta” di tal entità, ma sarebbe ingeneroso sminuire gli effetti euforizzanti della
title-track dell’albo, seguiti dall’opulento lirismo romantico concesso a “
Everlasting love”, una “specialità della casa” che non fatica a insinuarsi nei sensi di tutti quelli che nel petto hanno un cuore che batte.
Ai “nostalgici” dei Survivor sono dedicate “
Freedom of the night” (scritta con
Hal Butler, tastierista del compianto
Jimi Jamison) e “
The silence says it all”, a chi cerca una bella dose di grinta “cinematografica” è indirizzata “
Rising up”, mentre l’enfasi della radiosa “
Faster than a prayer” e della filosofica “
Unmasking the mistery” combinano ad arte
grandeur e attanagliante contagio melodico.
Can’t fight this feeling (lo diceva già "qualcun altro" ed è anche lo
incipit di “
The light in your eyes”, forse l’unico momento appena un po’ epidermico dell’opera) … e francamente non vedo nessun motivo al mondo per farlo … abbandonatevi completamente ai
Pride Of Lions … i
Maestri sono tornati a dettar legge.