Cambio di direzione per i tedeschi Locomotive Breath, giunti al fatidico terzo album della carriera. Nel precedente lavoro li avevamo trovati alle prese con un classic-metal di orientamento ottantiano, compatto e squadrato, solido e ben confezionato seppur poco fantasioso.
Adesso, dopo aver integrato nel gruppo l'esperto bassista Marcel Jacob (Talisman, Malmsteen), assistiamo ad una decisa sterzata verso territori heavy-melodici, per intenderci sul genere di Million o Brazen Abbot.
Hard/heavy metal esteticamente perfetto, scintillante, forte di un rifferama limpido e serrato e di un vocalist passionale come Mattias Osback, appartenente alla scuola dei vari Lynn Turner, Edman, ecc.
Una manciata di episodi puramente scandi-metal, i tradizionali up-tempo trascinanti che prevedono il ritornello epico ed il bell'assolo centrale, vedi la Accept-iana "H.M.M." o le focose e tirate "Speed driven" e "Firestarter".
In molti altri brani invece la componente melodica risulta più accentuata, l'impeto heavy si attenua sostituito da un taglio orecchiabile di stampo americano, una grande attenzione per le rifiniture esteriori, per la pulizia dei suoni, per i cori imponenti ed immediati, quindi si passa da una "Shadow" vicina all'arena-rock anni '80 e di ottimo appeal commerciale per arrivare a vere e proprie ballate romantiche all'insegna dell'amore e dei buoni sentimenti quali "Leaving my heart with you" e la rilassata e notturna "Chains around heaven".
Bisogna però riconoscere che l'atmosfera generale dell'album è la stessa che abbiamo incontrato innumerevoli volte in passato, una sensazione di già sentito che aumenta con lo scorrere delle canzoni. Onesti pezzi come "What I've become","High on illusion","Kingdom of tragedy" o l'agrodolce "Phyxius", potrebbero essere stati scritti da una qualsiasi delle centinaia di formazioni simili a questa e, pur senza mostrare difetti evidenti, il loro fattore sorpresa/eccitazione resta prossimo a zero.
Sotto questo profilo la cosa migliore è probabilmente lo strumentale conclusivo "Gargleblaster", una sorta di jam chitarristica nella quale il gruppo appare meno compassato e schematico, grazie anche alla presenza di ospiti come Hank Shermann, Mattias Eklund e Lars Eric Mattson. Pur essendo episodio fine a sé stesso è comunque interessante e riuscito.
Dunque un album con qualche limite nella sostanza ed alcuni manierismi di troppo, ma non disprezzabile per gli amanti dell'heavy melodico. Considerando anche il buon livello tecnico dei Locomotive Breath, non è azzardato prevedere futuri miglioramenti nella nuova linea intrapresa.
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