Il debutto dei belgi
Wolvennest, rilasciato dalla Vàn Records, etichetta che è sempre sinonimo di qualità, è un album interessante nel suo essere molto particolare e, in qualche modo distante, dalle classiche atmosfere "metal".
I cinque lunghi brani che compongono l'album, al quale partecipa in qualità di co-autore, Albin Julius dei Der Blutarsh, uniscono una forte caratterizzazione psichedelica, di matrice space rock, con le atmosfere oscure del doom (Black Widow), della dark music e della drone music, il tutto all'insegna di un approccio quasi cinematografico, spesso sembra di ascoltare una colonna sonora, e di una atmosfera notturna che marcano a fondo la proposta di un gruppo "diverso".
Certamente seguire composizioni che superano anche i 20 minuti non è "impresa" semplice, ma l'ossessiva ripetizione delle partiture, i loop sintetici che squarciano le intuizioni più classicamente rock, l'uso distorto e possente delle sei corde (il gruppo adopera ben tre chitarristi) e gli sporadici interventi di voce femminile sono tutti elementi che rendono la miscela dei belgi comunque variegata ed in grado di tenere distante la noia.
"Wolvennest" è un album dal forte sapore vintage, non per nulla viene rilasciato solo in vinile, e dall'approccio quasi ritualistico che, tuttavia, è in grado di saper "giocare" con idee estreme e reminiscenze che affondano le radici nel nord europa, è un album, a ben guardare, con un'anima ben definita, un'anima lisergica ed inquieta che si contorce e dilata in una musica fatta di emozioni, ascoltate la splendida
"Unreal", e di notti con poche stelle.
In una musica, a mio giudizio, non solo molto personale, ma anche molto bella.
Scusate se è poco.
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