Sarò sincero … dai
Black Star Riders mi aspettavo qualcosa di più.
Al terzo
full-length, dopo un discreto esordio e un eccellente “T
he killer instinct”, avrei gradito uno scatto “definitivo” capace di allontanarli risolutamente dal loro modello primario, forti di una dose di talento ed esperienza di certo non banali.
E invece “
Heavy fire” è ancora una volta un buonissimo disco un po’ troppo legato al mito dei Thin Lizzy, un vincolo evidentemente talmente radicato da non poter proprio essere sciolto.
Ciò detto, bisogna anche ammettere che pochissimi sono in grado di recuperare il glorioso spirito dei
Lizzies con la profondità e l’efficacia ostentata da
Ricky Warwick e dai suoi
pards, abilissimi nel restituirci le immortali atmosfere tipiche della band di
Phil Lynott senza apparire manieristici o eccessivamente calligrafici.
E allora non possiamo far altro che “accontentarci” di un albo dai suoni piuttosto riconoscibili e tuttavia molto appagante e coinvolgente, marchiato a fuoco da un
songwriting comunque brillante e da una prestazione esecutiva di notevole spessore tecnico e interpretativo.
Dalle pulsazioni brucianti della
title-track, passando per il fervore
blues n’soul di “
When the night comes in” e “
Ticket to rise”, il programma riserva cospicue gratificazioni emozionali, finendo per strapazzare i sensi dell’uditorio tramite una
pièce de résistance di
southern hard-rock come “
Who rides the tiger”.
Se poi si cerca qualcosa di ancora più “devoto” e non per questo poco gradevole, è possibile affidarsi con egregi risultati a “
Dancing with the wrong girl”, "
Testify or say goodbye” e “
True blue kid” (assai intrigante, altresì, il tocco vagamente Floyd-
esco), mentre “
Cold war love” (con tanto di reminiscenze Van Morrison-
iane) soddisferà gli animi più sensibili e malinconici.
Sottolineando, infine, il pregevole lavoro di
Nick Raskulinecz (Foo Fighters, Deftones, Rush, …) in cabina di regia e i testi mai scontati di un particolarmente ispirato
Warwick, promuoviamo in maniera ampia questo sentito e vivace “atto d’amore”, nella malcelata speranza che tanta competenza e intensità si possa presto trasformare in un progetto artistico assolutamente emancipato ed evoluto.