"Black still life pose", debutto sulla lunga distanza dei metallers britannici Sinocence, oltre a due brani nuovi di zecca, raccoglie in versione rimixata e rimasterizzata il contenuto dei loro due precedenti lavoretti autoprodotti "Accettable level of violence" e "The beautiful death scene", portando all'attenzione del mondo metallico la loro interessante miscela sonica fatta di spruzzi di hard 'n' heavy dai connotati tradizionali, di thrash metal autoctono e della sua trasformazione più attualizzata e groovy, arrivando fino ai confini del nu-metal, senza farsi mancare, al contempo, qualche venatura post-grunge.
Una sorta di misto tra il suono originale della Bay Area e le sue evoluzioni ed ibridazioni degli anni successivi, partendo da Metallica ed Exodus, passando per Machine Head ed arrivando a Drowning Pool, Soil e Godsmack, riuscendo a garantire anche discrete dosi di fantasia e una base melodica sufficientemente eloquente.
Il risultato non è malaccio e pure la sua "varietà" (dovuta essenzialmente, forse, al fatto di raccogliere brani appartenenti a differenti momenti "evolutivi" della band), per qualcuno sicuramente valutabile come una colpevole disomogeneità, può essere misurata anche in termini della dimostrazione di una certa versatilità compositiva, capace di incrementarne, in qualche maniera, la longevità uditiva.
Il singer Moro, pur senza essere un fenomeno, se la cava senza grossi impacci nelle varie situazioni, sia in quelle maggiormente aggressive, sia quando si tratta di "addolcire" i toni (a volte esibisce addirittura modulazioni esplicitamente "grungiarole") e ricopre il ruolo di chitarrista ritmico con analoga competenza, assecondando le discrete qualità del lead guitarist Anto, entrambi supportati da una sezione ritmica abbastanza pertinente e poderosa.
La rabbia "controllata" di "Requiem" (che con l'andazzo sincopato e dirompente, ma non troppo focalizzato di "Psycho" rappresentano i brani inediti), insieme alle inquietudini di "Beneath the halo", al (piacevole) rispetto rigoroso dei dogmi del thrash esibiti in "Makin a monster", alle linee melodiche incalzanti di "Six second stare", alla "modernità" accattivante di "Anything for the next escape", alla furia schizofrenica di "Novocain" e anche, perché no, alla sorprendente "leggerezza" di "Scarred human voo-doo doll", con il suo contrappunto pianistico e gradevoli (benché un po' "fuori contesto", ma potrebbero essere un interessante spunto di "crescita") valenze pop/rock, mi sembra rappresentino, magari in modo ancora un po' "confusionario" e spesso non del tutto compiuto (danneggiati anche da una registrazione moderatamente potente ma anche eccessivamente "sporca"), i momenti migliori del lavoro di un gruppo che dimostra di possedere delle potenzialità, forse non ancora espresse del tutto e che solamente con i prossimi passi musicali, presumibilmente frutto di un'ispirazione maggiormente compatta e coeva, potrà illustrare ancora più chiaramente il suo valore e i suoi orientamenti artistici.
"Black still life pose", ben lontano dal poter essere considerato un capolavoro, è comunque un discreto ed onesto dischetto di metallo mediamente "moderno", che inevitabilmente dovrà "combattere" parecchio per farsi notare in un mercato sempre più competitivo, ma che speriamo riesca in ogni caso ad essere un credibile biglietto da visita delle possibilità degli irlandesi, tale da consentirci di poter verificare in futuro una loro eventuale ulteriore maturazione.
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