L'esordio datato 2005 dei progster norvegesi
Magic Pie (ristampato da
Karisma Records, attuale label del combo) è un buon album di prog rock tecnico ma melodico e accessibile in stile Kansas, Spock's Beard e Transatlantic, senza dubbio scorrevole ma spesso fortemente debitore delle band di cui sopra (ma non solo).
Si parte forte con la lunga
"Change", tour-de-force di quasi 21 minuti dove brillano, in fase solistica, il fondatore
Kim Stenberg e il tastierista
Gilbert Marshall. Oltre agli artisti già citati vengono alla mente alcuni nomi grossi degli Anni Sessanta/Settanta come Who, Gentle Giant e CSN&Y: i ragazzi suonano, non c'è che dire, ma è pur vero che i cliché del genere abbondano. La titletrack è più convincente, con la bella introduzione in stile musical e l'evoluzione più andante che ha qualcosa dei Marillion meno depressi.
"Full Circle Poetry" mette insieme il meglio e il peggio (se così si può chiamare) di quanto ascoltato finora, con echi di Yes, pop evoluto di scuola Supertramp e tanti virtuosismi. È ancora la parte strumentale a spiccare in
"Without Knowing Why", brano grintoso e dal groove coinvolgente che fa il paio con la lunga
"Illusion & Reality", divisa in tre sezioni (numerate curiosamente I, III e IV) dove, tra le mille idee non sempre perfettamente amalgamate, scorgiamo il lato più heavy della formazione. La conclusiva
"Dream Vision" crea un ponte ideale tra Pink Floyd e Dream Theater, e convince per la capacità di sintesi che, fin qui, a volte è mancata.
Come inizio non c'è male, ma la storia recente ha dimostrato che i
Magic Pie sono in grado di fare di meglio...
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