Diciamo(ci) la verità. Quanti sono i gruppi emersi nel terzo millennio in grado di “reggere” davvero il confronto con i loro
Maestri? Non moltissimi.
Sono convinto che quando tra qualche anno i nostri figli e nipoti si troveranno a discutere di
hard melodico (perché
Lui ci sarà ancora, statene certi …), magari commentando l’operato di qualche “nuova”
band, assieme ai nomi di Europe, TNT, Whitesnake e Dokken, sarà citato anche quello degli
Eclipse, tra i pochi veramente degni di un accostamento tanto impegnativo.
Capaci di “reinventare” un genere con la forza del talento, del carisma e dell’attitudine, gli svedesi sono diventati oggi davvero “un’istituzione” da cui è praticamente impossibile prescindere se si amano certi suoni.
“
Monumentum”, il nuovo albo targato ancora una volta
Frontiers Music, è l’ennesima conferma di tale lusinghiera posizione, la dimostrazione di una maturità artistica ormai pienamente conseguita, nonché la prova che, ed è questo un aspetto da non trascurare, anche senza sostanziali “passi in avanti” si può riuscire a non ripetersi, evitando di finire per diventare la caricatura di se stessi.
Il disco non offre, infatti, particolari cambiamenti rispetto al recente passato, e ciononostante continua a sorprendere per la freschezza e l’intensità delle composizioni e delle interpretazioni (una rarità, anche tenendo conto dei numerosi impegni professionali di
Mr. Mårtensson).
Difficile, in questo contesto, chiedere qualcosa di più a un programma che sprigiona impeto ed entusiasmo da ogni solco e che li trasmette intatti all’astante appassionato senza che questo possa in nessun modo “lamentarsi” di un canovaccio stilistico ampiamente collaudato.
Le nuove gemme di un forziere ormai piuttosto corposo si chiamano “
Vertigo” e “
Night comes crawling” (adrenaliniche e coinvolgenti), “
Never look back” (un
anthem da contagio immediato), “
Killing me” (il vero
hit radiofonico dell’opera) e “
The downfall of eden” (dal delizioso tocco celtico), accostate alle adamantine “
Born to lead”, “
For better or for worse”, “
No way back” e “
Black rain” (tutta “roba” che farà salire la pressione ai
fans di Europe, Dokken e Rainbow), lasciando poi che siano la drammatica “
Hurt” e la strepitosa “
Jaded” a segnalarsi per una lucentezza espressiva addirittura superiore.
Per questioni di gusto personale e di affezione “
Monumentum” potrà forse piacere un po’ di più o un po’ di meno rispetto a “
Are you ready to rock”, “
Bleed and scream” e “
Armageddonize” e mentre lo decidete, assaporandone e “vivendone” intensamente tutte le sfumature, vi renderete conto che si tratta comunque di un altro disco da affidare ai posteri con una certa serenità, consapevoli che una faccenda tanto incontrollabile quanto effimera come la “moda” non riuscirà ad intaccarne facilmente il valore.