Ecco una ristampa che giunge tanto inaspettata quanto meritata. "Wild Dogs" è l'omonimo album d’esordio di questa formazione statunitense formata dal bassista (e per i primi due lavori anche cantante) Matt McCourt, l'apprezzato batterista Deen Castronovo, (in seguito, tra gli altri anche al fianco di Ozzy, Macalpine e nei Bad English) ma sopratutto dal meno conosciuto Jeff Mark, chitarrista che è comunque stato un punto fermo nei tre dischi realizzati dalla band e che ha indubbiamente contribuito a strappare un contratto discografico alla Shrapnel Records, etichetta che ha sempre avuto più di un occhio di riguardo per i virtuosi delle sei corde e che lanciò i Wild Dogs nella compilation "US Metal Vol. II" (1982) con "The Tonight Show" (appariranno poi anche sul terzo e sul quarto capitolo). Ed il suo buon fiuto aveva portato Mike Varney a centrare l’ennesimo bersaglio, infatti, Jeff Mark conferma subito tutto il suo valore, dalla spedita opener "Life Is a Game" come nelle prime battute di "Never Gonna Stop" e della più articolata "You Can't Escape Your Lies".
Quello dei Wild Dogs è un Hard'n'Heavy potente e grezzo (beh, si tratta anche dell'opera prima del gruppo e con tutti i pregi e difetti del caso), cantato con grinta dal carismatico Matt McCourt (un fugace passaggio nei Malice, poi nei Dr. Mastermind e comunque ancora oggi attivo all’interno della scena metal statunitense), che li accomuna a gruppi come Culprit, Malice, Hawaii, Anvil, The Rods, Warrior, primi Laaz Rockit…
Certo che canzoni come "Born To Rock" e la seconda parte di "Take Another Prisoner" mettono in evidenza come anche i Wild Dogs debbano molto alla NWOBHM, Saxon e Judas Priest su tutti, ma la loro è una rivisitazione tutto sommato personale e sicuramente energica e spontanea, dove il sound "Made in USA" è ben presente, come confermano "Evil In Me" o "I Need a Love".
Ad offrire ulteriori motivi d'interesse a questa ristampa, la Northwind si è premurata di arricchire il booklet di una completissima biografia e la trackist di ben 7 bonus tracks tratte da diversi demo, tra le quali si fanno notare la spiccatamente motorhediana "Believe in Me" e la rockeggiante "Runnin Away", che qualcosa deve agli Iron Maiden, sopratutto per quanto riguarda il guitarwork.
Manca solo all'appello l'inedita "Burning Rain" che a suo tempo era stata inclusa sulla raccolta "US Metal Vol. IV", ma non mi stupirebbe se saltasse fuori con le prossime ristampe, già previste dalla Northwind, di "Man's Best Friend" (1983) e "Reign of Terror" (1987).
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?