Ci sono tante, tantissime cose da dire su questo ritorno degli Insidia. Così tante che praticamente non so da dove iniziare.
Potrei farlo citando la mia idolatria per la band di Brescia, fulminato alla stregua di San Paolo sulla via di Damasco, quando li vidi in quel meraviglioso live a Roma 75 anni fa insieme a
Gravestone e
Sadist, dove con loro thrash diretto e feroce ma al contempo melodico ed accessibile spaccarono tutto, con una platea in delirio a finalmente cantare in lingua madre un genere che mai avremmo creduto possibile, con l’apoteosi su “
Parla Parla” trasmessa in TV in heavy rotation da MagicTV, Videomusic e tante altre paleontologie che tanto piacciono ai vecchi nostalgici come il sottoscritto.
Oppure potrei citare la mia paura, mista a ribrezzo, per le reunion che nella maggiorparte dei casi sono solo uno squallido nonché patetico tentativo di raccattare due spicci, spinti dall’ondata di riesumazione che specie ultimamente nel metal sta provando un raschio del barile a suon di tour dell’anniversario di quello, tour della ricorrenza di quell’altro ed altre schifezze simili, partorite da band che non hanno più il minimo di entusiasmo o partecipazione in quello che fanno, vedendolo come un modo di arrotondare un conto in banca non più pingue come un tempo. Invece, quando va bene, si hanno dischi che o non reggono minimamente il paragone col passato oppure, ancor peggio, scompaiono in un velocissimo anonimato, ingurgitati da un mondo metal che non è più quello che hanno lasciato, dove ormai dopo una settimana un disco è vecchio, si viene subissati di news, foto e post su facebook, e del nuovo lavoro di ritorno si perdono immediatamente le tracce.
E noi nostalgici sempre pronti a rimettere su il vecchio cd, quello di 20 anni prima, che abbiamo coccolato, ascoltato, imparato a memoria, con tutta la santa calma che il mercato di allora ci concedeva, dandoci il tempo di assimilare e metabolizzare i capolavori e le colonne sonore della nostra vita.
Oppure, ancora, potrei plaudere alla
Punishment 18. No, non perché si è presa l’onere e l’onore di pubblicare il ritorno degli
Insidia ma perché me l’ha spedito tipo 2 mesi fa, dandomi quel tempo, quel maledetto tempo che ormai non è più concesso a nessuno, di ascoltare, ascoltare, ascoltare… Quel tempo solitamente negato da molte etichette, che ti mandano il cd 2 giorni prima dell’uscita e PRETENDONO che la recensione sia online in 48 ore, con uno, forse due ascolti accumulati in tutta fretta. Se la Punishment 18 si fosse accomunata al comportamento globale, questo disco avrebbe ricevuto una bella stroncatura. Perché il tempo è importante, signori miei.
“
Schiavo, schiavo del tempo...
Occhi infangati di odio,
cosa sono io?
Solo un'inutile vita
che scivola nel tempo!”
Ve l’ho già detto che “
Istinto e Rabbia” è uno dei miei dischi preferiti? Ma no degli Insidia eh, proprio in generale.
E questo pesa, pesa come un macigno quando a distanza di 22, dico
VENTIDUE anni, ci si rimette in piedi e si torna con il terzo disco “
Denso Inganno”.
Ma ci pensate quante cose si possono fare in 22 anni? E’ una vita intera. Praticamente potevo tornare da quel famoso concerto del Castello (quello di prima, con Gravestone e Sadist), mettere incinta la mia ragazza, ed oggi ero qui con mio figlio ventiduenne ad ascoltare “
Denso Inganno”.
E invece manco per il ciufolo, seppure a 42 anni, ingrigito, ingobbito, immalinconito, sono sempre il solito ventenne coglione di allora che si diverte col calcetto, con i videogiochi e col
METAL, col
THRASH METAL. E pretendo, nella mia idiozia, che questo valga per tutti i miei idoli. E che gli
Insidia (perdonatemi se lo scrivo sempre così anziché
In.Si.Dia. che detesto) sottostiano a questa mia immaturità di rifiuto dello scorrere del tempo (sempre il tempo…) e che siano tornati…così, in uno schioccare di dita, ad illuminare le mie giornate.
Ho già scritto due pagine senza accennare al disco. Sarà una lunga giornata questa, capisco che un testo lungo, specie nel mondo di Twitter e dei 160 caratteri, delle k e delle x, sia una bestemmia e completamente anti commerciale, ma me ne frego, me ne frego come gli Insidia ai quali sento di dovere tutta la mia riconoscenza e la mia attenzione in quella che è l’analisi di “Denso Inganno”.
“
Denso Inganno” che ho messo sullo stereo per la prima volta il 25 Gennaio, due mesi fa, e ci sono rimasto malissimo.
Ho ascoltato solo “
Il Mondo Possibile”, opener del disco, non ricordo se due o tre volte. Sarò l’unico al mondo a pensarlo ma una reunion, già odiosa di suo, senza il cantante originale non si può sentire. Capisco e sottoscrivo, il timbro di
Fabio Lorini, bassista storico della band, è simile e lo stile è quello ma
Riccardo Panni mi manca. Cavolo se mi manca e non la farò lunga, almeno questa: quello della voce è il problema principale di “Denso Inganno”, non mi convince ed avrei preferito che fosse stata meno sparata frontalmente, mixata un po’ più dietro, laggiù, dietro le chitarre, quelle chitarre di
Manuel Merigo e del neo-entrato
Alessandro Venzi che invece non deludono, i riffs sparati su “Denso Inganno” sono spesso validissimi e gli assoli sono davvero ottimi, sempre di gran gusto melodico, taglienti, veramente uno dei plus di un disco che ho inizialmente digerito a fatica, ma che pian piano è uscito in tutta la sua potenza.
Già la successiva “
Mai Perdere Controllo” è irrestistibile nel chorus ma è stata dura arrivarci con quello scoglio della voce nella strofa, ed ancor meglio quando parte l’assolo, semplice ma irresistibile e la voglia di alzare la manopola del volume del mio Kenwood “la perla nera” è sempre più alta.
57 minuti sono tanti e sapevo di incappare, anche musicalmente, in qualcosa che avrebbe ceduto. In effetti i brani più oscuri e cadenzati risultano anche i più indigesti, magari chissà li digerirò tra un anno, un po’ come “
So Many Lies” dei
Testament che per anni mi fa fatto schifo ed invece adesso è tra i miei preferiti di quel capolavoro di “
The Ritual”, anch’esso schifato per anni ed invece adesso ad avercene di album così.
Molto meglio la frenesia di “
Cosa Resta”, un po’ sulla scia della vecchia “
Parla Parla” ma anch’essa deturpata da cori poco convincenti che mi fanno definitivamente capire che a livello vocale devo scendere a compromessi con “Denso Inganno”, ed anche con l’omonima title-track, ancora su ritmi lenti ed oscuri, almeno prima dell’esplosione centrale, ed ancora una volta mi sono tornati alla mente i
Testament con il brano “
The Ritual”, eppure vi garantisco che sono tanti mesi che non lo ascolto e che quindi non ne ero recentemente influenzato: in ogni caso la seconda metà del brano ha davvero una marcia in più ed anche in questa occasione le chitarre in fase di assolo vincono e vincono bene.
Non solo la seconda parte del brano, ma anche la seconda metà di “Denso Inganno” ha un qualcosa in più, dagli accenni thrash-death con inserti in inglese di “
La Casa dei Segreti”, poi la pausa con due brani piuttosto ordinari “
Sogno Reale” ed “
Il Vero Potere”, che casualmente sono anche tra i due con la durata maggiore, prima del gran finale con la strumentale e davvero bella “
Sintesi”, l’uptempo trascinantissimo e catchy di “
Non Sei Vinto” e la conclusiva ed intricata “
A Conti Fatti”, quasi sette minuti superati a pieni voti nonostante il minutaggio non proprio abituale per gli Insidia, con un finale malinconico.
“
Il viaggio è breve e va goduto”, hanno ragione loro.
E’ finito “
Denso Inganno”.
E adesso?
E’ stata una reunion patetica? Assolutamente no.
Hanno fatto un disco osceno? Proprio no.
Questa reunion si poteva evitare?
A questa domanda ognuno si dia la propria risposta, certo che senza Panni ammetto che manchi qualcosa di troppo importante, ma capisco anche che talvolta
IL TEMPO non riesca ad appianare le divergenze, così come la volontà degli altri di ripartire, di riprovarci, di sentire ancora l’affetto ed il rispetto che magari i social network in questi ultimi anni sono riusciti ad evidenziare ma che MAI, ripeto
MAI è mancato in questi 22 anni da parte di
NOI fan dei grandi Insidia.
Con tutti i suoi difetti, con i limiti dettati anche dalla mia vecchissima militanza come seguace della band da quando ancora si chiamavano
Inviolacy, so che ascolterò questo disco molto di più di altri magari fatti meglio ma con meno sangue, personalità e passione.
Sì, con tutta la passione che anche io potrò ancora metterci, ancora e per sempre innamorato degli Insidia e del thrash metal:
il viaggio è breve e va goduto.