"E basta con 'sti Mastodon demmerda, stanno dappertutto e fanno sempre schifo"
"Mai piaciuti"
"Erano validi quando facevano sludge, ma sono piú di dieci anni che fanno pop"
"Mai sopportati. Sono sopravvalutati"
"Dal vivo fanno cagare, non si capisce niente"
"Non sono mai stati veramente metal, per cui non mi interessano"Date una bambolina al giovane detrattore che ha sparato l'ultima. Questo è proprio il punto chiave per chi ha voglia di capirli. I
Mastodon non sono metal, sono un insieme di personalità differenti, con influenze differenti che vanno dall'hardcore, al punk rock, al metal, al progressive, una commistione di generi che li rende forse difficili da apprezzare. Me ne rendo conto, ne sento tante riguardo alla band di Atlanta, ognuno la pensa come vuole ma se perfino un intransigente retrogrado come il sottoscritto li ammira e li segue... dai, dategli una possibilità, fate uno sforzo. Se poi vi piacciono Neurosis, Isis e compagnia, vi verrà naturale entrare nel loro mondo.
Vi ho convinto? No vero? Beh, me ne sbatto e vado a parlarvi di questo nuovo, ottavo lavoro in studio di
Hints e soci, ed a chi non interessa, lasci pure il tavolo e vada a fumare una sigaretta, ci vediamo dopo per un altro giro di birre.
Dicevo,
Emperor of Sand è un concept album con una storia piuttosto triste dietro, una storia che si intreccia con quella dei membri della band che hanno avuto un periodo piuttosto nero, fatto di lutti familiari e malattie gravi ad affetti molto vicini. (Durante la fase di scrittura del disco il padre di
Bill è morto, la moglie di
Troy si è ammalata di cancro e la madre di
Brann è stata molto male). Idealmente ed in modo personale, i quattro di Atlanta hanno realizzato che la vita ed il tempo a disposizione non sono infiniti, che ad un certo punto si deve fare i conti con la realtà ed i gravi problemi da affrontare, quelli che il fato ci mette sul cammino.
La storia è quella di una vita segnata, di una persona a cui è stata data una scadenza, una sorta di malato terminale che vaga disperatamente per il deserto alla ricerca di una cura e le diverse canzoni rappresentano i diversi stadi della malattia.
Questo in estrema sintesi il concept, non esattamente originale, ma affrontato brillantemente e che si riflette in canzoni tutt'altro che arrabbiate o introverse. È infatti facile notare come questo nuovo lavoro sia probabilmente il più accessibile, musicalmente parlando, della carriera dei
Mastodon.
Idealmente potremmo identificare una prima parte della cammino della band fatto di rabbia, di sludge, di intuizioni geniali e, soprattutto, di due capolavori che rispondono al nom di
Levithan e
Blood Mountain. Lo straordinario
Crack The Skye ha rappresentato poi una presa di coscienza dei propri mezzi, la voglia di provare ad andare oltre, di sfondare barriere.
The Hunter, invece, lo vedo un po' come un punto di stagnazione in cui i
Mastodon, reduci da un grosso successo, hanno perso la bussola e non sapendo bene che direzione intraprendere hanno dato un colpo al cerchio ed uno alla botte, non convincendo del tutto.
Once More 'Round The Sun è stato un nuovo inizio, fatto musica più accessibile ad un primo ascolto ma che sotto rivelava un gran gusto e ricerca. E così il nuovo
Emperor of Sand, a dispetto dei temi trattati (come dicevo poco fa), continua la fase intrapresa col disco precedente e ci consegna dei
Mastodon più maturi, meno irruenti, più facili, che flirtano addirittura col pop e con l'indie ma che, allo stesso tempo, sanno essere autori di aperture strumentali ed incastri ritmici al limite del progressive.
È stato fatto un grandissimo lavoro sulle voci e sulle melodie vocali, rendendole facilmente memorizzabili e dotandole di un filo di malinconia sempre presente. Sono state ridotte molto le parti urlate e "sgraziate" a favore di un'alternanza "riff roccioso-melodia delicata" che accompagna tutto il disco.
Hints e
Sanders sono i due volti dei "nuovi" Mastodon, rabbia e delicatezza, irruenza, e classe.
Naturalmente ci sono sempre il groove, i bassi pulsanti, le dissonanze, i momenti più articolati dal punto di vista ritmico, ma poggiano su strutture più semplici e vengono spezzate da ritornelli "docili". Il rovescio della medaglia è che alla lunga i
Mastodon soffrono dell'abusare di soluzioni simili nella costruzione e nell'andamento, certe voci sono un pochino troppo delicate in alcune situazioni, insomma, dove ci vorrebbe un po' di rabbia tirano su il piede e ripiegano per linee più facili, non affondano. Ascoltando il disco, un filo di ripetitività comincia ad avvertirsi verso la settima traccia ma la band è brava a dare un colpo di coda chiudendo in bellezza con la mini-suite
Jaguar God (davvero ottima ed articolata) riuscendo così a farci dimenticare questo lieve impasse. Non c'è nemmeno bisogno che vi dica che i suoni sono eccellenti (il produttore è lo stesso di
Crack the Skye), sotto l'aspetto del sound i Mastodon nella loro carriera hanno sbagliato poco. La copertina, invece... beh,
Paul Romano è un altra cosa.
Ci sarebbero tante altre cose da dire, ma due dritte penso di avervele date e se siete già fan della band, saprete come approcciarvi e cosa vi aspetterà per sommi capi. Ok, vi ho scassato abbastanza con 'sti Mastodonti, pausa sigaretta finita, altra birra in mano e si ritorna a parlare di quanto fossero fighi i Forbidden, delle ristampe in vinile dei Maiden e dell'inutilità di Sabaton, Dragonforce e InFlames... Al pub del metallo non ci si annoia mai.