Copertina 5,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2017
Durata:41 min.
Etichetta:Lion Music

Tracklist

  1. INTRO
  2. MORE PAIN, MORE GAIN
  3. NIGHTMARES OF MY YOUTH
  4. ROYAL CHAINS
  5. STRONG AND UNITED
  6. WHAT WE NEED
  7. JOIN ME
  8. REDEMPTION
  9. DON'T BOTHER ME
  10. OUTRO

Line up

  • Alberto Rigoni: bass
  • Titta Tani: vocals
  • Alessio “Lex” Tricarico: guitars
  • Denis “Denzy” Novello: drums

Voto medio utenti

Non tutte le ciambelle riescono col buco. E nel caso dei Badass ho più di una perplessità pure sulla ciambella...

Sulla carta il nuovo supergruppo formato da Titta Tani (ex-DGM, Claudio Simonetti) e da Alberto Rigoni (Vivaldi Metal Project, TwinSpirits) doveva funzionare a meraviglia, ma questo "More Pain, More Gain" ha alcuni limiti oggettivi (una produzione così così, brani eccessivamente eterogenei e disorientanti) e altri su cui potremmo comunque discutere a lungo (linee vocali poco incisive, un basso che definire "in primo piano" è un eufemismo).

Su "Intro" e "Outro" c'è poco da dire, trattandosi di alcuni secondi di "delirio di onnipotenza" del buon Rigoni ("Outro" è una suite per violoncello di Bach, "Intro" non so, ma potrebbe essere sempre una citazione di musica colta). La title-track attacca come un brano di Tony Levin, prima di un'evoluzione heavy che "ringhia ma non morde", con un Titta Tani più attore che cantante "tout-court". "Nightmares..." ha elementi dei Maiden e dei primi Queensrÿche, ma la scorrevolezza è ancora un miraggio (e il solo di Rigoni non aiuta), e prelude alla complessivamente riuscita "Royal Chains" dove le tentazioni sintetiche ben si sposano con il groove del brano. "Strong And United" è incerta sulla strada da percorrere (l'incipit è thrash ma il prosieguo è moderno e martellante), mentre "What We Need" mostra il lato più glam/punk dei Badass e spicca per il breve solo di Novello. "One More Night" tributa i Police prima di trasformarsi in una bordata heavy/thrash che sfocia nella più coerente e canonica "Join Me", senza però impressionare più di tanto. In "Redemption" si percepiscono echi heavy, doom, blues (e un pizzico di Beatles), in totale antitesi con la successiva "Don't Bother Me", disimpegnata ma dal break di scuola Muse, con il costante "ruggito" di Tani in sottofondo. Mah.

Si può vedere il bicchiere mezzo pieno e dire che la prossima volta non potrà che andare meglio...
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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