Ammetto di essermi avvicinato agli
Spidergawd soprattutto in virtù del loro legame con i Motorpsycho, un gruppo che, sebbene negli ultimi anni abbia un po’ perso di vista (anche a causa della sua inusitata prolificità …), considero molto importante per come ha saputo coniugare spesso in maniera geniale tradizione e innovazione, assorbendo molteplici influenze in una visione artistica sconfinata e totalizzante.
In questo modo ho scoperto una
band maggiormente “rigorosa” nelle scelte stilistiche eppure in grado di inglobare numerose suggestioni musicali in un agglomerato sonoro che prevede
grunge,
prog,
hard-rock,
stoner,
NWOBHM e psichedelia, filtrando poi il tutto attraverso la lente di una cospicua personalità propria.
Oggi che il vincolo con gli autori dei favolosi “
Demon box” e “
Timothy's monster” si limita alla presenza del batterista
Kenneth Kapstad (
Bent Sæther non è più della partita esecutiva) i norvegesi sembrano voler accentuare l’aliquota “metallica” della loro proposta, riducendo gli influssi progressivi senza rinunciare alle dilatazioni liquide, alle scorie
punk e alle digressioni “alternative”.
“
IV”, attingendo al consueto gusto per l’iperbole comparativa di tipo “giornalistico”, suona dunque come una sorta di fusione tra Foo Fighters, MC5, Diamond Head, Monster Magnet, Grank Funk, Iron Maiden e Dust, il tutto “frullato” vorticosamente con una disinvoltura e un’autenticità davvero rara.
L’arrembante, ruvida e ammaliante opener “
Is this love?” è un efficace “biglietto da visita” del contenuto del disco, “
I am the night” e la devastante “
LouCille” (gran pezzo!) enfatizzano ulteriormente il
background di
HM britannico dei nostri, mentre la melodia straniante e liquida di “
Ballad of a millionaire (song for Elina)” evoca ambientazioni di visionaria serenità, seguite dalle scosse catartiche e ammiccanti di “
What have you become”, una “roba” che piacerà di sicuro anche agli estimatori di
Dave Grohl & C.
“
The inevitable” è una densa e colloidale eruzione psichedelica di formidabile tensione espressiva, “
Heaven comes tomorrow” aggiunge i Thin Lizzy ai “buoni maestri” della formazione nordica e “
Stranglehold” scava i sensi con un
riff addirittura di natura Priest-
iana, concludendo in maniera avvincente quarantuno minuti di puro godimento sonico.
Forse leggermente meno “sorprendenti” che in passato, gli
Spidergawd si confermano grandi interpreti di quel suono “classico” ancora capace, nelle mani “giuste”, di indurre l’astante a ridimensionare, nelle sue valutazioni da
rockofilo, l’importanza della componente squisitamente “rivoluzionaria” della questione … un gran bel risultato, direi …