Gungfly - On Her Journey To The Sun

Copertina 6,5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2017
Durata:74 min.
Etichetta:InsideOut Music

Tracklist

  1. OF THE ORB
  2. ON HER JOURNEY TO THE SUN
  3. HE HELD AN AXE
  4. MY HERO
  5. IF YOU FALL (PT.1)
  6. POLYMIXIA
  7. OVER MY EYES
  8. OLD DEMONS DIE HARD
  9. KEITH (THE SON OF SUN)
  10. THE RIVER OF SADNESS
  11. ALL A DREAM

Line up

  • Rikard Sjöblom: vocals, guitars, keys
  • Petter Diamant: drums
  • Rasmus Diamant: bass
  • Sverker Magnusson: keys
  • Martin Borgh: keys
  • David Zackrisson: guitar

Voto medio utenti

Conclusa l'esperienza con i Beardfish, l'instancabile svedese Rikard Sjöblom (ora in forza anche ai britannici Big Big Train) ha trovato pure il tempo di "riesumare" il suo progetto solista Gungfly (parola che in svedese significa "terreno non sicuro"), ormai fermo dal 2011.

I musicisti che lo accompagnano sono gli stessi del recente "The Unbendable Sleep", così come la direzione stilistica a cui ormai da anni ci ha abituato l'artista.

Che da piccolo il buon Rikard abbia ingurgitato dosi massicce di prog europeo "nobile" è cosa nota, così com'è noto il suo inconfondibile "marchio di fabbrica" che non manca nemmeno al qui presente "On Her Journey To The Sun" e che, personalmente, non mi ha mai impressionato (troppe le citazioni "spudorate").

"Of The Orb" mette subito in chiaro le cose con la chitarra 12 corde in primo piano e con il cantante che intona "...for the cinema show...". Olé. I ritornelli sono un po' più pop, è vero, ma fino al break strumentale (un po' Yes, un po' Oldfield) sembra davvero di sentire Peter Gabriel e compagni. La titletrack è più interessante e originale, grazie ai vaghi connotati Sixties e alla performance maiuscola di Sjöblom. Quello di "He Held An Axe" è l'immaginario pinkfloydiano più soft filtrato attraverso la sensibilità dell'artista di Backa (sarà un caso il riferimento all'ascia?) mentre "My Hero" sembra venir fuori direttamente da "Relayer" degli Yes (pure l'intermezzo dal carattere esotico sembra suonato da Patrick Moraz in persona). La breve ed enigmatica "If You Fall" (bucolica ma soul) anticipa il tour-de-force strumentale "Polymixia", che saccheggia in parti uguali il catalogo di Yes, King Crimson, Gentle Giant, Genesis ed ELP. Complimenti davvero. "Over My Eyes", con pianoforte e archi, è un altro brano meno derivativo e più riuscito, tanto struggente quanto ballabile, e fa il paio con "Old Demons Die Hard", dove una melodia di harrisoniana memoria si staglia su un arrangiamento retro-progressivo dal sapore italiano (io ci ho sentito la PFM). Anche "Keith" funziona, essendo un episodio meno tecnico e più atmosferico, con il chitarrismo vicino allo stile di Pat Metheny, ma non si può dire lo stesso di "The River Of Sadness", dodici minuti davvero troppo densi con cantati AOR, prog, fisarmonica, elettronica ayreoniana e chi più ne ha più ne metta. Chiude il full-length l'inspiegabile "All A Dream", due minuti di pianoforte e voce narrante a metà strada tra cinema e teatro. Mah.

C'è da riconoscere che nonostante la tanta carne al fuoco, "On Her Journey To The Sun" tutto sommato scorre bene. Si può discutere sulla mole complessiva dell'opera (74 minuti) ma la vera domanda senza risposta è una sola: c'era davvero bisogno di un altro disco così?

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

Ultime opinioni dei lettori

Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?

Ultimi commenti dei lettori

Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?
Queste informazioni possono essere state inserite da utenti in maniera non controllata. Lo staff di Metal.it non si assume alcuna responsabilità riguardante la loro validità o correttezza.