"La razza umana è ancora la peggior bestia da preda"Questa è l'idea che ha ispirato il fondatore di questi
Mallevs Maleficarvm, il drummer
Marius Berendsen. E fedele ad essa non poteva trovare nome più adatto al combo teutonico: il "martello delle streghe" infatti è il libro che gronda più sangue dell'intera storia umana.
E quale genere più del black si presta a dare voce ad un concetto tanto potente e distruttivo? Nessuno, appunto.
Infatti questo
"Homo homini lupus", debut album della band e firmato
Noise Art Records, racchiude un processo di scrittura durato 5 anni ed è una summa di black metal fortemente velato di malinconia con aperture melodiche struggenti e rabbiose al tempo stesso.
Gli amanti del black più tradizionale ovviamente storceranno il naso e probabilmente interromperanno qui la lettura, per gli altri invece qualche spunto a mio avviso molto interessante si trova.
L'opener
"Homo homini lupus" parte subito con un tiro deciso, blast beats come da copione ed uno screaming ispirato di
Robert Dahn; le chitarre fanno la parte del leone ma non con un suono gelido e impastato come si potrebbe pensare bensì con toni gravi e quasi doom in alcuni fraseggi.
La successiva
"Der Widerchrist" invece rallenta inizialmente dando molto spazio a passaggi prettamente strumentali intervallati da momenti di assalti sonori furiosi,
"Under the red sky" e
"A blaze at dawn" rivelano l'anima più malinconica ed intimamente pessimista dei
Mallevs Maleficarvm utilizzando per parti sinfoniche per accentuare un mood disperato.
Ecco, se dovessi trovare il difetto più evidente della release indicherei senza dubbio una certa ridondanza e ripetitività nelle soluzioni proposte che a lungo andare rendono l'ascolto meno fluido rispetto all'inizio del lavoro.
"He shall bring no light" riprende nel songwriting (molto ispirato) le tematiche di
"Der widerchrist" sulle conseguenze di una società fortemente Cristo-centrica,
"Sieben sonnen",
"Event Horizon" e
"War" invece raccontano dell'impatto devastante dell'uomo sulla natura che lo circonda.
Chiude il lavoro la lunghissima (forse troppo)
"Mors ultima ratio" che con i suoi quasi 9 minuti totalmente strumentali ha il pregio di evidenziare tutte le (grandi) capacità del gruppo ma, nel contempo, ne rende palese la non completa maturità artistica.
Il materiale su cui lavorare è ottimo ed abbondante nei
Mallevs Maleficarvm, ed anche se il nostro gran cerimoniere del metallo nero Beppe "Dopecity" Caldarone probabilmente lo bollerà come album da mammolette, mi sento di consigliare a tutti di ascoltare senza pregiudizi questo
"Homo homini lupus": potrebbe piacere più di quanto siate disposti ad ammettere.