Dopo un silenzio di sei anni, tanto è il tempo che divide il nuovo
"Lupaus" (Svart Records) dal precedente "Murhat",
Pasi Koskinen rimette in pista i suoi
Ajattara che giungono al traguardo dell'ottavo lavoro in studio in una carriera iniziata nell'ormai lontano 1996.
Una carriera durante la quale l'ex Amorphis e Shade of Despair ci ha sempre offerto album di buona qualità senza, tuttavia, riuscire mai a piazzare la zampata davvero vincente.
"Lupaus" non fa eccezione.
La musica estrema degli
Ajattara, definirla solo black metal è assolutamente riduttivo, è frutto dell'abilità di musicisti esperti, riesce a coinvolgere l'ascoltatore grazie ad una indovinata vena melodica, è in grado di amalgamare ambiti distanti come punk, groove metal, un pizzico di elettronica, il tutto sono le insegne della tipica follia finlandese (Impaled Nazarene), ma non riesce mai ad elevarsi sopra la media del buon/discreto prodotto con la conseguenza che anche il nuovo album, difficilmente, supererà la prova del tempo.
Ora, gli
Ajattara sono di sicuro un gruppo onesto e
"Lupaus", a mio avviso, uno fra i loro migliori lavori (pezzi come
"Ave Satana" o
"Amen" non possono lasciare indifferenti per le atmosfere quasi aliene che creano) ma chi non gli ha mai amati non inizierà adesso e chi li conosce bene non sarà sorpreso in alcun modo, cosa, quest'ultima, che può anche costituire un punto a favore del gruppo (io la penso così).
"Lupaus", mi piace sottolinearlo, è un album che mi ha fatto trascorre una bella mezz'ora, è un lavoro irruento, se vogliamo anche divertente, irriverente e con quel tocco elettronico, che ho già citato, molto interessante e quindi, anche se lo avrete capito non cambierà le sorti ne del gruppo ne della musica estrema, è un lavoro da ascoltare con la certezza che difficilmente potrà deludere.
Nonostante tutto, ad avercene di
Ajattara...
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