Che i paesi del Centro e Sud America vivano con passione il metallo non lo scopriamo certo oggi, eppure solo spremendoci le meningi riusciamo a metter insieme una lista di band estreme (sottolineo estreme) proveniente da quelle latitudini. Colpa certo dell’associazione mentale che ci porta a credere che da quelle parti siano tutti infatuati da ritmi caraibici et similia, ma anche da un “contesto storico” in cui la predominanza delle scene americane ed europee è totalitaria.
Eppure l’underground è estremamente vivo e ogni tanto arriva sulle nostre scrivanie (o desktop) materiale originario dell’emisfero meridionale. E’ il caso di questi
Abatuar, oneman band proveniente da Panama, dedita ad un death grezzo e putrido raccolto nel presente debut
“Perversiones de muerte putrefacta”.
Tracce la cui durata supera di poco i due minuti – ad esclusione dell’ultima
“En la necropolis del totalitarismo” – contenenti pochissima melodia e cucite insieme con riff dalle note frastagliate e scheggiate, e batteria “pestata” come se si utilizzasse un paio di batticarne in sostituzione delle bacchette.
Durante l’ascolto i percepisce che il contenuto di “
Perversiones…” non è fatto per accontentare nessuno se non il proprio autore, il quale non si pone minimamente di piacere e farsi piacere dall’ascoltatore. Death Metal che più “burino” non si può e che in più punti sbanda pericolosamente verso il caos cacofonico, quello degli
Abituar è un prodotto che sicuramente verrà rigettato dalla maggior parte degli abituali frequentatori dell’estremo, quei pochi che riusciranno andare oltre la quarta traccia scopriranno che “c’è del marcio a Panama”.
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